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giovedì 22 marzo 2018

La Storia Di Rob Gronkowski: Feste, Birra, Pornostar e Wrestling

"Le feste mi ricaricano, così torno in campo pronto per dare il massimo. Adoro ballare e fare casino, fare baccano ed incontrare gente nuova. Sono così da quando ero bambino, dai tempi delle scuole medie"

Ron Gronkowski quarto di cinque fratelli, di cui quattro giocatori o ex giocatori di Football: Dan (tight end a Maryland), Chris (fullback), Glenn (anche lui fullback, poi tagliato dai Buffalo Bills).
Gordie Jr giocò invece nelle Minor League di Baseball.
Meglio conosciuto come “Gronk”, 1.98 m per 120 kg, fu scelto al draft da Bill Belichick.
Era il 2010 e i profili compilati dagli scout nei riguardi di “Gronk” non erano dei migliori (per via di qualche infortunio di troppo).
Uscito da Arizona con alle spalle una carriera collegiale di tutto rispetto, con due anni di devastante impatto e una serie di record frantumati.
All’epoca Belichick praticava uno schema offensivo privo di un tight end fortemente coinvolto nella rete di passaggi, ma aveva chiaro in testa come rivoluzionare il reparto offensivo.
Non solo, preso Gronk, due giri dopo quella selezione lasciò tutti di stucco prelevando un altro tight end, Aaron Hernandez.
Da qui nacque una nuova idea offensiva per una squadra che storicamente aveva vinto utilizzando armi differenti.
Chi rimase sbigottito davanti a due pari-ruolo selezionati nel giro di due round si sarebbe presto ricreduto, e la concorrenza avrebbe cominciato spudoratamente a copiare.
Con Gronkwoski e Hernandez in campo contemporaneamente per le difese era davvero difficile capire quale dei due sarebbe stato lanciato.
I giocatori da coprire con un linebacker o un safety erano due, non più uno solo.
Belichick avrebbe giocato per anni con un numero quasi illimitato di variabili da poter praticare, mettendo in perenne difficoltà la difesa nel riconoscere le intenzioni di uno schieramento che di tradizionale non aveva più nulla.
Quando ci si sarebbe attesi il lancio sarebbe arrivata una corsa interna per sfruttare il fatto che due difensori si sarebbero spostati più all’esterno per fronteggiare i tight end. Quando l’azione sembrava indicare che avrebbero bloccato per il running back sarebbe arrivata una finta di consegna al running back con conseguente lancio e con tutta probabilità un lancio profondo per un grande guadagno di yard.
Una velocità quella di Gronk non certo straordinaria ma supportata da una grande intelligenza tattica e da un cambio di direzione assolutamente pazzesco.
Gronk può essere posizionato tanto all’interno quanto all’estremità destra del campo (perché destro è anche il braccio con cui lancia Brady), esattamente dove andrebbe a posizionarsi il più classico dei wide receiver.
Prima del Super Bowl XLVI chiesero a Tom Coughlin, coach dei Giants, come avrebbe limitato Gronkowski. Rispose: «Probabilmente con una scala…».
Sean Payton, coach dei Saints, colui che sviluppò il talento di Jeremy Shockey quand’era offensive coordinator dei Giants, ha centrato il punto: «I tight end sono diventati come un ottimo impianto stereo. Tutti ne debbono possedere uno, altrimenti l’attacco non avrà nulla di sinfonico».



INFORTUNI, FESTE, ALCOOL, PORNOSTAR
Ecco, se vogliamo, Gronk ha altri problemi.
Come detto quello degli infortuni: si ricordino quello del 2009 alla schiena, quella alla caviglia a fine 2011, due al gomito nel 2012, la rottura del crociato nel 2013 sino ad arrivare ad altri infortuni in tempi recenti.
Poi ci sono i problemi fuori dal campo: tante feste, birra ed anche pornostar.
Scorso anno al Shrine Nightclub (Foxwoods Resort Casino, Connecticut) spese 100mila dollari per una serata con gli amici.
Secondo la star a luci rosse Richelle Ryan: "Rob quando smetterà di giocare, può lavorare nell'hard", ha detto la pornostar.
Appassionato di Wrestling e serie TV (recitò in "Entourage").
Gronkowski fece la sua comparsa a WrestleMania 33 (WWE), saltando la barricata per aiutare l'amico Mojo Rawley a vincere il Memorial Battle Royal dedicato ad Andre The Giant.
A farne le spese Jinder Mahal che in precedenza era stato coinvolto in un animato alterco con il giocatore di football americano, lanciandogli in faccia la sua bevanda. 


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venerdì 16 marzo 2018

La Marcatura a Zona Nel Calcio Inglese

Nel primo trentennio del 900 il sistema utilizzato per difendere era una rudimentale zona: l’inventore del sistema difensivo a uomo viene individuato in Herbert Chapman, allenatore dell’Arsenal dal 1925 al 1934 e ideatore del WM.
Il sistema a uomo dominò quasi integralmente la scena fino agli inizi degli anni ‘60, quando apparvero i primi esperimenti di difesa maggiormente orientata sul controllo dello spazio.
La marcatura a uomo comunque rimase molto diffusa in Italia.
Il sistema a uomo prevede di difendere tramite marcature individuali dei giocatori avversari.
In un sistema così concepito la posizione di ogni calciatore è determinata in prima istanza da quella dell’avversario da marcare.
All’altro estremo, i sistemi difensivi più puramente a zona puntano a negare alla manovra offensiva avversaria gli spazi necessari al proprio sviluppo, disponendosi in maniera razionale in una struttura il più possibile compatta.
È facilmente intuibile come, in un sistema così ideato, il movimento di tutti i componenti della squadra debba essere coordinato nello spazio e nel tempo.
La posizione dei singoli calciatori è determinata principalmente dalla posizione del pallone e, in secondo luogo, da quella dei compagni.
Il tutto è programmato in anticipo: posizioni e distanze reciproche sono codificate a tavolino in funzione delle varie situazioni in campo, avendo come stella polare la posizione del pallone.
A livello offensivo, con la marcatura a uomo, dopo il recupero del pallone la disposizione della squadra non è sempre quella ideale per far ripartire un’azione offensiva: il relativo controllo degli spazi rende inoltre difficile la gestione degli inserimenti da dietro degli avversari e, quindi, il recupero del pallone è affidato principalmente a tackle e anticipi.
I sistemi a zona hanno il vantaggio di “dipendere” molto meno dal comportamento degli avversari: è più semplice riuscire a mantenere definita la struttura posizionale della squadra.
La quantità di campo che si sceglie di coprire, orizzontalmente e verticalmente, dipende da come è stata impostata la squadra.
La quantità degli spazi lasciati che si decide di lasciare scoperti è in conflitto con la necessità di ridurre al massimo i corridoi liberi tra le proprie linee (più i giocatori sono vicini, più gli spazi esterni alla struttura compatta della squadra saranno ampi) e proprio il controllo degli spazi interni/esterni al proprio schieramento può essere uno dei problemi dei sistemi difensivi a zona.
Per quanto riguarda invece il recupero del pallone, avviene principalmente tramite intercetto dei passaggi avversari ed è molto più indicato per far ripartire l'azione offensiva in quanto i giocatori sono posizionati al loro posto.
In anni recenti si ricorda Rafael Benitez, a Liverpool, che preferiva difendere a zona (soprattutto sui corner) ma anche Brendan Rodgers allo Swansea.
Poi come dimenticare Brian Clough.
Alan Hansen (ex difensore del Liverpool): "Nella difesa a zona, non si marca un giocatore, si occupa un'area di gioco. Le tre aree più importanti sono il tuo uomo sul primo palo, un uomo in mezzo nei primi 6 metri dell'area e poi uno nell'area piccola. Noi abbiamo sempre usato la zona negli anni 80 quando abbiamo vinto campionati e coppe europee con il Liverpool. Si trattava solo di vincere sulle prime palle e ripulire le seconde. L'altra cosa, naturalmente, era avere un portiere (Bruce Grobbelaar) che sapeva leggere bene le traiettorie dei cross"

Howard Wilkinson ha usato la zona per più di 30 anni nel calcio e l'ha implementato in molte squadre inglesi quando era direttore tecnico della FA.

Wilkinson: "La difesa a zona si basa sul principio che quando i calci di punizione vengono presi dagli avversari in posizioni allargate o dagli angoli, ci sono spazi pericolosi. Il sistema cerca di concentrarsi su determinati spazi considerati prioritari, mentre altri giocatori sono posizionati per difendere le seconde palle. Con la marcatura a uomo, gli attaccanti possono trascinare i difensori dappertutto, portandoli via dall'area. Nella zona si tratta più che altro di responsabilità collettive mentre a uomo no. A volte però i giocatori seguono la palla e gli attaccanti sono in grado di trovare spazio.
È un errore comune essere attratti da una palla, anche se non pericolosa.
Se non puoi arrivarci, devi difendere sulle seconde palle. La zona è più difficile da allenare, è più complessa di quella a uomo, ma è più utile. E' più efficace se è studiata in modo completo e i giocatori comprendono non solo i propri ruoli, ma anche quelli degli altri"


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martedì 13 marzo 2018

La Storia Di Bert Trautmann: Da Prigioniero Di Guerra A Grande Portiere

Bernhard Bert Trautmann inizia a praticare sport a livello amatoriale negli anni 20 prima di unirsi, nel 1933, alla Jungvolk (“Gioventù Hitleriana”).
Nel ’41 però, con la Guerra che imperversa, Bernhard è costretto ad arruolarsi, e inizia a lavorare come apprendista meccanico, prima di entrare a far parte dell'aviazione nella Lutwaffe.
Viene spedito prima in Polonia e poi in Ucraina, ricevendo alla fine delle due missioni ben 5 medaglie al valore.


LA FUGA
Per Trautmann si prospetta un’ultima missione, in Normandia questa volta, consapevole che dovrà affrontare lo sbarco dei soldati americani.
Dopo essere sopravvissuto al devastante bombardamento di Cleve, comprendendo l’imminente pericolo, decide di scappare, facendo attenzione però ad evitare sia l’esercito statunitense che quello tedesco, che potrebbe considerarlo un disertore punibile con la fucilazione.
Sarà tra i 90 tedeschi (su 1000) a salvarsi.


LA CATTURA E LA DEPORTAZIONE IN INGHILTERRA
Nei giorni successivi, mentre molti dei suoi compagni vengono fucilati in mezzo alla strada dalle truppe degli Alleati, lui riesce ad avviarsi verso casa ma gli alleati lo catturano (per la precisione alcuni soldati americani) ma Bernhard riesce a scappare, prima di essere catturato nuovamente da alcuni soldati inglesi che lo porteranno nel campo di Ashton-in-Makerfield (nei pressi di Wigan) per scontare le sue malefatte.
Viene classificato prima come prigioniero di classe "C" (nazista), poi declassato a "B" per buona condotta.
Qui finalmente Bernhard può finalmente riprendere l’attività sportiva, giocando nella squadra del campo come centrale difensivo, fino a quando in un’amichevole contro i dilettanti dell’Haydock Park un brutto infortunio lo costringe a posizionarsi fra i pali, scelta quanto mai fortunata per il prosieguo della sua carriera.
Nel ’48 il campo di prigionia chiude, e inaspettatamente Trautmann rifiuta la proposta di rimpatrio stabilendosi ad Huyton, alternando il lavoro in una fattoria all’attività calcistica in quarta serie con il St.Helens Town.


MANCHESTER CITY
Le eccellenti prestazioni del portiere tedesco in quarta serie gli valgono l’inaspettata chiamata dalla First Division, firma infatti il 7 ottobre 1949 il suo primo contratto da professionista con il Manchester City, e diventa il primo giocatore della storia del calcio inglese ad indossare scarpe da gioco del marchio Adidas, data la sua vecchia amicizia con il proprietario della fabbrica tedesca, Adolf Dassler.
Tutti si chiedono come sia possibile rimpiazzare il grande portiere colonna dei Citiezens e della nazionale, Frank Swift, con un tedesco, considerato da tutti, a ragion veduta, un nazista.
Contro il Fulham, a Londra, città devastata dai bombardamenti, la tensione è alle stelle: l’intera nazione segue con estrema attenzione la partita del Craven Cottage.
Tutti hanno gli occhi puntati su Trautmann e su cosa potrebbe accadere con l’ostile pubblico londinese.
Il Fulham passa in vantaggio, sembra l’inizio di un monologo bianconero, ma Trautmann erige una diga davanti alla sua porta non facendo passare niente.
Il gigante tedesco respinge ogni attacco avversario, alla fine il City perde con un dignitoso 1-0 ma la scena più appagante è quella dell’intero Craven Cottage che regala la standing ovation al portiere.
Dopo alcuni anni altalenanti, di cui uno passato in Second Division, Trautmann si impone come uno dei migliori portieri del campionato, e i Citizens rifiutano un’importante offerta per lui da parte dello Schalke 04.
Nella stagione 1954/55 il City arriva a Wembley per sfidare il Newcastle ma viene sconfitto.


L'IMPRESA A WEMBLEY CONTRO IL BIRMINGHAM E L'INFORTUNIO
Poco male, perché l’anno successivo la squadra è pronta a compiere il salto di qualità, a Wembley questa volta c’è il Birmingham.
Bert, che ha giocato un’annata straordinaria, è stato nominato poco prima del fischio d’inizio Footballer Of The Year dalla Football Writers’ Association.
La partita è spettacolare, con il City che va in vantaggio quasi subito, il Birmingham pareggia poco dopo, ma nel secondo tempo Dyson e Johnstone ristabiliscono il vantaggio, portando il risultato sul 3-1.
Il Birmingham attacca a pieno organico e Trautmann è costretto agli straordinari, specie quando un pallone profondo penetra in area di rigore per Peter Murphy, i due si gettano a capofitto, ma nello scontro Trautmann ha nettamente la peggio, viene colpito alla testa e cade privo di sensi a terra.
I medici lo rianimano, dopo qualche minuto, avverte un fortissimo dolore al collo, ma non essendo previste le sostituzioni decide di rimanere in campo, riuscendo in qualche modo a terminare la partita. Alla consegna della medaglia risponde in maniera alquanto rassicurante al Principe Filippo, che vuole sincerarsi delle sue condizioni, di avere solo un banale torcicollo.
Tre giorni dopo, dopo aver avvertito ininterrottamente dolore al collo, decide di recarsi all’ospedale di Manchester per accertarsi delle proprie condizioni.
Qui, decisamente sorpreso, il medico, dopo averlo visitato, fa notare a Trautmann come avesse cinque vertebre del collo dislocate, una delle quali addirittura spaccata a metà, e che sarebbe potuto letteralmente morire da un momento all’altro.
L’operazione sembra la via più logica, e dopo un intervento perfettamente riuscito si prospetta una lunga convalescenza che lo farà tornare a calcare i campi di gioco solamente nella stagione 1957/58. La carriera di Bert procede seguendo l’altalenante andamento del suo City fino al 1964, anno in cui si ritira.
Totalizzerà ben 545 presenze in 15 anni.

Gordon Banks: "Bert Trautmann era un incredibile uomo di sport e giocava ogni partita come se ci dovesse qualcosa, se dovesse qualcosa a tutti perchè era stato un prigioniero di guerra tedesco ed era stato comunque accettato. Per me era piú vero il contrario, noi avremmo dovuto essere grati a lui per essere rimasto e averci mostrato che gran portiere era"

L’unico neo di una carriera ad altissimo livello sarà il pessimo rapporto con la propria nazionale, le cui porte gli furono chiuse dall’allenatore dell’epoca Sepp Herberger, che non accettò mai il fatto che giocasse in un campionato straniero.
Si concederà due fugaci apparizioni con i dilettanti del Wellington Town, prima di passare definitivamente alla panchina, allenando nelle serie minori inglesi e tedesche, e successivamente le nazionali di Birmania, Tanzania, Liberia e Pakistan, salvo poi ritirarsi nel 1983 a vita privata in Germania, con la seconda moglie, e dal 1990 a La Llosa, nei pressi di Valencia, con la sua terza ed ultima moglie.
Morirà nel 2013 in Andalusia, a 89 anni.


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venerdì 9 marzo 2018

Il Match Di Rugby Più Duro Della Storia: Canterbury v British Lions (Tour 1971)

Nel 1971 i British Lions (la selezione di Rugby a 15 delle Isole Britanniche) effettuò il suo classico nell'emisfero Sud in Nuova Zelanda (più due partite in Australia).
La selezione conteneva leggende del gioco come Gareth Edwards, Barry John, Gerald Davies, JPR Williams, Willie John McBride, Mike Gibson e Fergus Slattery.
Capitano della squadra fu il gallese John Dawes e alla guida tecnica del team vi fu il suo connazionale Carwyn James secondo il quale il Rugby era un'espressione di talento individuale, non una sublimazione di abilità evidenziate tramite un piano di gioco.
Egli vide gli All Blacks come una macchina che, non importa quanto fosse ben oliata, mancava di grazia e fascino.

"Dall'età di sei anni hanno suonato allo stesso modo, rigidi e prevedibili" disse dopo il tour.
"Hanno prodotto sempre Rugby vincente, quindi perché cambiare?"

Nonostante la sconfitta iniziale contro Queensland (15-11), il tour ebbe un grande successo perché vide la vittoria dei britannici nella serie contro gli All Blacks.
Dopo quella sconfitta arriveranno 23 vittorie su 25 partite (di queste 23, due vittorie sulla Nuova Zelanda).
Una sconfitta (contro gli All Blacks) ed un pareggio.


LA BATTAGLIA CONTRO CANTERBURY
Noi ci soffermeremo sull'incredibile match (l'undicesimo) contro Canterbury, vinto dai British Lions per 9-14.
Questo match viene ricordato come uno dei più violenti/sporchi di tutti i tempi.
Pare che il club neozelandese arruolò nel roster anche avanzi di galera, pronti a picchiare come fabbri.
A seguito di questa partita, Ivan Vodanovich, presidente dei selezionatori e allenatore degli All Blacks , avvertì che il primo test match contro la Nuova Zelanda poteva trasformarsi in "un'altra Passchendaele" per gli ospiti se insistevano nel rallentare l'uscita delle palle dalle rucks e nell'ostruire la line-out. 
I suoi commenti arrivarono dopo che i Lions avevano battuto Canterbury per 9-14, ma avevano perso i loro due migliori giocatori: l'irlandese Ray McLoughlin e lo scozzese Sandy Carmichael, per infortunio. 
Carmichael per una frattura multipla dello zigomo sinistro e McLoughlin per un infortunio al pollice sinistro.
Entrambi tornarono in Gran Bretagna.
La perdita di McLoughlin fu un duro colpo per i Lions.
Non solo era molto forte fisicamente e di grande esperienza, ma era anche un noto stratega.
Il match contro Canterbury fu durissimo, in particolare in mischia.
Carmichael in mischia venne avvertito due volte da Alister Hopkinson, sino a che Alister non lo colpì con diversi pugni.
McLoughlin invece rimase ferito quando i giocatori di entrambe le squadre scatenarono una vera e propria rissa.
L'irlandese colpì Alex Wylie in faccia, rompendosi a sua volta il pollice sinistro.
Si limitò quindi a dimostrare quello che era ampiamente noto a Canterbury: quel Grizz aveva un cranio duro. 
Un altro irlandese, Fergus Slattery, venne preso a pugni in faccia.
Ci furono diverse altre risse con scambi di colpi da ambo le parti.

Il flanker John Taylor: "Canterbury trattava il gioco come una guerra, gli avversari come invasori da respingere a tutti i costi. Quel match fu un disonore per il Rugby"
Gareth Edwards: "E' stato detto da qualcuno che nella mia vita ho avuto paura solo due volte su un campo di Rugby. Una volta a Cardiff contro Neath. La seconda volta invece fu la partita contro Canterbury. 
Era già dalla settimana precedente al primo test che la stampa stava facendo una guerra psicologica dicendo che questo sarà il Test per vedere di cosa sono fatti veramente i Lions.
È stata la partita più brutale in cui abbiamo giocato in quel tour.
Circa cinque minuti dall'inizio a seguito di una mischia, la palla è finita dietro e l'ho presa velocemente.
Il numero otto per Canterbury quel giorno era un ragazzo di nome Alex 'Grizz' Wylie. 
Era un ragazzo molto forte, ma ho avuto la meglio su di lui perché la palla uscì velocemente.
Mi ricordo che mentre tornavo indietro sentendomi abbastanza soddisfatto di me stesso, lui mi guardò dicendomi 'se lo fai di nuovo ti rompo il collo'.
Ad ogni modo, dopo circa tre minuti, ho avuto un'altra possibilità e avrei voluto averlo ascoltato. 
Ha provato quasi a decapitarmi.
Nel frattempo, anche il nostro Ray McLaughlin, era indiavolato quel giorno.
Grizz Wylie si stava ancora rendendo fastidioso, Ray andò da Grizz e lo beccò con un pugno in faccia.
Ricordo il sangue che sgorgava dal suo occhio e sulla sua maglietta ma sfortunatamente anche Ray s'infortunò: si ruppe un dito e il suo tour terminò lì"

Anche Slattery rimase infortunato e ricorda: "Non avevo la minima idea di dove fossi.
Sono andato da Peter Dixon e chiesi 'Dove siamo?'.  Mi guardò agitato e disse: 'Siamo in sanguinosa Canterbury!'.
Circa dieci minuti dopo gliel' ho chiesto di nuovo ma era appena stato colpito e non ne aveva idea. Ho realizzato dove ero solo nell'ultimo quarto del gioco"

McBride che poi capitanerà i Lions in Sud Africa quattro anni dopo, disse: "Ho detto ai ragazzi: 'Guardate, abbiamo due possibilità. O torniamo negli spogliatoi e ci dimentichiamo di questa partita o ci alziamo e combattiamo. Io ho comunque deciso di rimanere qui a combattere"

Gordon Brown: "Con Hopkinson, Wyllie e Penrose, presero a calci, pugni e gomitate chiunque avesse una maglia rossa. Fu assolutamente fortuito che nessuno rimase ucciso"

Parlando invece di Rugby, nonostante Canterbury disputò una grandissima partita, la sconfitta divenne inevitabile con il passare del tempo.
I rapporti furono talmente tesi a fine partita che Canterbury non si presentò nel post partita.
Dopo la Battaglia di Canterbury, i Lions comunque erano un gruppo unito e più che pronti per i quattro Test contro gli All Blacks.


TOUR VINTO CONTRO GLI ALL BLACKS
Il manager dei Lions era stupito e incazzato del fatto che Vodanovich avesse usato una parola come Passchendaele, ma aveva promesso che i Lions avrebbero vinto il primo test continuando a giocare lo stesso tipo di Rugby vincente che avevano prodotto in tutto il tour. 
I Lions vinsero il primo test-match contro la Nuova Zelanda a Dunedin per 9-3.
Il secondo test-match a Christchurch li vide sconfitti per 22-12 (cinque mete a due per gli All Blacks); gli errori di tale incontro non furono ripetuti nel terzo, disputatosi a Wellington: i Lions concessero agli oceanici solo una meta (non trasformata), realizzandone (e trasformandole) a propria volta due.
L'ultimo match di Auckland avrebbe potuto dare ai padroni di casa l'opportunità di pareggiare la serie, ma i Lions tennero benissimo il campo: parità perfetta alla fine del primo tempo (8-8, frutto di una meta trasformata e un piazzato per parte), continuata nel secondo tempo grazie a un piazzato britannico e una meta neozelandese; un drop del gallese J. P. R. Williams (l'unico della sua carriera internazionale) a pochi minuti dalla fine diede il vantaggio per 14-11 ai Lions e i neozelandesi non furono capaci di andare oltre il pareggio.
Il risultato finale di 14-14 diede così ai Lions la vittoria per 2-1 nella serie.
Il successo del tour si fondò sulla lezione subìta nella spedizione di cinque anni prima, quando i Lions persero 4 incontri su 4 contro la Nuova Zelanda.
L'ossatura del team vincente del 1971 fu quella del Galles che vinse il 5 Nazioni di quell'anno realizzando il Grande Slam: la Nazionale gallese fornì il maggior numero di giocatori del tour.


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sabato 3 marzo 2018

Cosa Sono e Come Funzionano Le Gallerie Del Vento (Formula 1)

Le gallerie del vento (o aerodinamiche) non sono nient'altro che condotti, dentro i quali scorre il flusso d'aria alle velocità e densità stabilite.
Lo scopo è quello di riprodurre correnti d'aria su automobili (e non solo) per misurare forze, temperature, momenti, pressioni, etc
E' altresì importante che non solo le condizioni atmosferiche vengano riprodotte nei minimi dettagli ma anche la struttura aerodinamica (quindi geometrica) del veicolo (compresa la massa e la sua distribuzione, nonchè
Il flusso d'aria viene spostato grazie a grandi ventilatori di varie dimensioni.
Un effusore serve ad accelerare progressivamente il moto dell'aria in ingresso e speciali filtri riducono le turbolenze.
In uscita il flusso viene rallentato da un diffusore, mentre al centro si trova la camera di prova, dove viene posizionato il corpo da esaminare.
Il corpo stesso è collegato ad opportune bilance per la misurazione delle forze.


PRINCIPI FISICI
Esse si basano su un principio di Galileo, il quale afferma che le azioni dinamiche esercitate su un corpo in moto traslatorio sono uguali a quelle prodotte su un corpo immobile, investito da una corrente d'aria alla stessa velocità.
Il secondo principio per comprendere il funzionamento delle galleria del vento è quello della similitudine dinamica che afferma che i fenomeni che si manifestano su un corpo di determinate dimensioni sono uguali a quelli che subisce un altro corpo di misura maggiore e minore (in scala).
In questo caso si ha il medesimo Cr che rappresenta il coefficiente adimensionale di resistenza.


SIMULAZIONI
Se i fili di seta (montati sul corpo) si orientano perfettamente nella stessa direzione del vento senza evidenziare vortici significa che il flusso d'aria scorre bene sulla superficie dell'oggetto e non crea resistenze o vortici.
Il secondo sistema di analisi viene effettuato mediante la misurazione delle forze generate dal vento sull'oggetto allo studio.
Quest'ultimo è posto su una “piattaforma dinamometrica” che misura portanza, deportanza, forze longitudinali e laterali di resistenza al flusso dell'aria.
La piattaforma, girevole per controllare il comportamento anche al vento laterale, poggia su un misuratore. Tutte queste misure sono registrate e analizzate da un computer.
In quasi tutte le gallerie del vento esistono inoltre particolari dispositivi di misura o di correzione delle condizioni di prova.
Ovvero sonde manometriche che permetteno la misura in un certo punto di valori di pressione e di direzione.
Presente anche un impianto di controllo del cosiddetto “strato limite” per effettuare la prova in condizioni il più possibile simili alla realtà.
Lo strato limite è lo spessore dell'aria che lambisce il pavimento nella zona di prova e che viene rallentato nel suo scorrimento.
Fra gli altri particolari costruttivi delle gallerie del vento, assumono particolare importanza i raddrizzatori dei filetti fluidi dell'aria, la cui funzione è quella di costringerla a seguire un percorso parallelo alle pareti e impedire la formazione di vortici.
Fra gli impianti di prova più moderni, ve ne sono alcuni che simulano anche condizioni avverse quali pioggia battente, uragani, neve, sabbia, grandine, l'irraggiamento solare, la nebbia.
La galleria del vento è studiata in modo da riprodurre al meglio il campo di moto attorno al corpo in esame e le condizioni reali rispetto a quelle incontrate in strada.
Ad ogni modo fra strada e galleria possono sussistere minime variazioni di turbolenza del flusso o di deviazione angolare della corrente; ma si tratta sempre di valori trascurabili o ininfluenti ai fini dei test effettuati.
L'ala, che prima viene provata da sola, deve poter risentire della forma del corpo su cui viene applicata, senza altri vincoli.
Alla vettura, durante la simulazione completa, mancano le ruote in movimento e il moto relativo con il terreno.
Di questi ultimi fattori, il primo assume una certa importanza solo nelle vetture a ruote scoperte e il secondo è ininfluente per lo strato-limite.
Infatti, il manto stradale, su cui avviene la traslazione di un autoveicolo, presenta uno strato limite di spessore zero, in assenza di vento, invece, nella sua immobilità, è lambito da una corrente d'aria che, a contatto con la superficie, genera uno strato limite, con spessore crescente in funzione della velocità.
In molte gallerie del vento questo strato viene ri-aspirato e comunque resta insignificante per determinati tipi di prova, specie nella sola misurazione della resistenza aerodinamica, assumendo però influenza in altri tipi di sperimentazione, cioè nelle misurazioni delle già citate portanza/deportanza.


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