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venerdì 5 maggio 2017

Charles Reep, Charles Hughes e I Manager Inglesi Della "Long Ball"

Charles Reep era un funzionario della Royal Air Force, patito di calcio e numeri. Reep negli anni 30 aveva conosciuto Charles Jones, capitano dell’Arsenal del 1933. La passione di Reep, neanche a dirlo, fu accesa irrimediabilmente da quel dialogo. Quell’incontro contribuì a formare Reep in materia calcistica, contribuendo alle idee che presto avrebbe sviluppato a tal punto da farle diventare una vera e propria teoria scientifica da dimostrare come verità assoluta, utilizzando tutti i metodi a sua disposizione. L'Arsenal degli anni 30 era guidata da Chapman e dal suo WM, gioco basato su ali, pressing e rapido movimento in avanti della palla. Tornato in Inghilterra dopo la seconda Guerra Mondiale, rimase deluso che tranne il modulo WM, i dettami di Chapman erano stati dimenticati.
Da lì, amando i numeri cercò di affermare le sue idee calcistiche utilizzando proprio quelli, estrapolati dai match che andava a vedere. Taccuino e matita sottobraccio, Reep inventò questa disciplina appuntando tutto ciò che avveniva nei 90 minuti. Annotava ogni evento di ogni partita, convinto che ogni match potesse essere sezionato in unità elementari. Gli eventi trascritti facevano riferimento a passaggi, tiri verso la porta, ma anche tackle, interventi difensivi e cross. Le informazioni erano riportate ad un altissimo livello di dettaglio: i passaggi, per esempio, contenevano informazioni sull’accuratezza, su una stima dell'altezza e sulla forza e persino sulla zona del campo in cui erano effettuati. Il 18 maggio 1950 in terza divisione inglese si giocava Swindon Town v Bristol Rovers, ad assistere a quel match c’era Reep. Reep, dopo quello Swindon-Bristol Rovers, frustato dal gioco più lento rispetto agli anni 30 e dal fatto che le ali fossero state emarginate dal gioco, continuò a raccogliere informazioni. Arriverà ad oltre un migliaio di partite. Secondo lui, il tasso di conversione (realizzativo) poteva essere migliorato, modificando il modo di giocare. Il kit da statistico comprendeva anche un elmetto da minatore con luce incorporata per ovviare ai problemi di illuminazione degli impianti. Reep cominciò a studiare ed elaborare ciò che raccoglieva con tanta passione, ottenendo dei risultati che gli sembravano coerenti con quello che vedeva ogni match.


MENO PASSAGGI E PIU' LANCI LUNGHI
Aveva calcolato che ogni squadra segnasse in media un gol ogni 9 tiri e che il 30% dei palloni recuperati nell’area di rigore avversaria portavano ad un tiro in porta, e la metà di questi andavano a segno. Molto interessanti erano anche i risultati relativi ai passaggi. Scoprì, infatti, che ogni passaggio arrivava a destinazione una volta ogni due tentativi, cioè 50%. Reep intuì che il numero di passaggi consecutivi aveva un incidenza marginale negativa. Ovvero, il primo passaggio aveva una probabilità di andare a buon fine di molto superiore a quello fatto dopo una serie di tre consecutivi. Ciò voleva dire in poche parole che più passaggi erano controproducenti. Infatti, se un passaggio ha più probabilità di essere sbagliato dopo che ne sono stati effettuati due o tre, conviene diminuire il rischio cercando di lanciare la palla il prima possibile, cioè effettuando il minimo numero di passaggi.
Alla luce di questa evidenza empirica, niente era meglio del buon lancio lungo, con il quale l’attaccante veniva messo nella condizione di tirare nella situazione in cui la probabilità di sbagliare il passaggio è minimizzata! Piuttosto che concentrarsi su una ragnatela di passaggi, meglio dedicare le energie a disposizione sul recupero della palla nei pressi della porta avversaria, in omaggio alla statistica che recita che in questo caso si aumentano le possibilità di segnare. Le moderne teorie sul pressing e sulle transizioni si basano esattamente su questo concetto. In definitiva, sfruttando al massimo le occasioni da gol, si vince più spesso. E per riuscirci, Reep stabilì che bastava essere più efficienti: segnare più gol con meno possessi, meno passaggi, meno tiri e meno tocchi.
Perché le squadre sprecano tempo con passaggi inefficaci quando potrebbero portare all’estremo
le occasioni da gol spostando velocemente la palla nell’area avversaria? Accorciando le azioni si segna 1 volta ogni 9 tentativi; allungandole si sprecano 14 occasioni su 15. Quindi di riflesso le lunghe serie di passaggi concedono alla difesa la possibilità di riorganizzarsi, riducono al minimo l’elemento sorpresa e non approfittano dell’eventuale disordine nello schieramento avversario. Reep era ossessionato dall’efficienza nella conversione dei tiri; le azioni più lunghe non la propiziano, ma rendono i tiri più frequenti.


IL BRENTFORD E IL WOLVERHAMPTON CI CREDONO
La sua analisi catturarono l'attenzione del manager del Brentford Jackie Gibbons e da febbraio 1951 fino alla fine della stagione, assunse Reep come consulente. Il club era a rischio retrocessione con 14 partite da giocare, ma dopo il suo arrivo, il tasso realizzativo migliorò da 1,5 a 3 goal a partita,  totalizzando 20 punti su un massimo di 28, evitando perciò facilmente la retrocessione.
Tutto ciò attirò anche l'interesse di Stan Cullis del Wolverhampton Wanderers. Chi più, chi meno, segue Reep e si ri-diffonde in Inghilterra (ma anche altrove, tipo in Norvegia e Svezia) la cultura della "Long Ball".


CHARLES HUGHES E LE AREE P.O.M.O.
Anche Charles Hughes giunse più o meno alle stesse conclusioni: cioè che la maggior parte delle reti venivano realizzate da tre passaggi o meno, quindi era importante lanciare la palla in avanti il ​​più veloce possibile. Egli basò questa analisi su oltre un centinaio di partite a tutti i livelli, compresi match del Liverpool Football Club e della nazionale brasiliana, così come molte partite della nazionale inglese giovanile. Dalla sua analisi statistica, Hughes ha sottolineato l'importanza di particolari zone del campo da cui sono sono state segnati reti con più frequenza. Chiamò queste aree P.O.M.O. (Positions Of Maximum Opportunity) affermando che il tasso di conversione di una squadra sarebbe aumentato sfruttando queste direttive. Sottolineò anche l'importanza dei cross in area, sfruttando le ali.


L'ANALISI STATISTICA
In seguito Reep e Bernard Benjamin pubblicarono un'analisi statistica degli schemi di gioco usati dal 1953 al 1967 (su un giornale di statistica della Royal Society nel 1968). Analizzarono 101 partite (42 di First Division nella stagione 1957-1958, 12 di First Division nella stagione 1961-1962, 36 varie nella stagione 1965-1966 e 11 partite della Coppa del Mondo 1966). I dati del periodo 1957-1958 furono ottenuti dallo Sheffield Wednesday. Quelli del periodo 1961-1962 dalle partite dell'Arsenal.
La seconda serie di dati comprendeva un ulteriore 477 partite. Reep e Benjamin scoprirono che il 5% di tutte le azioni consisteva in quattro passaggi o più e solo l'1% di sei passaggi o più.
Il restante (oltre il 90%) derivava da azioni con meno di 3-4 passaggi, ciò voleva dire che la maggior parte dei goal rientravano in questo 95%. Reep concluse che il possesso palla non era quindi la strategia di gioco corretta.


LIMITI DELLA TEORIA DI REEP
Reep però non aveva considerato nella sue statistiche la bravura di chi effettuava il passaggio, nè tantomeno il "rischio" del passaggio (un passaggio ad 1 metro e mezzo ha sicuramente maggiore probabilità di riuscita di un filtrante di 20 metri a tagliare in 2 la difesa). Venne anche trascurata la differenza tra Long Ball e quella derivata invece da un calcio di punizione ad esempio. Inoltre, sequenze di passaggi più lunghe significano più tiri per la squadra che attacca, ma anche % di conversione dei tiri in gol più basse. In altre parole, la capacità di possesso segna una differenza fondamentale tra chi vince e chi perde: le % di conversione di chi vince e chi perde sono grosso modo le stesse, ma le squadre vincenti producono un terzo di tiri in più rispetto alle perdenti.
In media per segnare un gol occorrono 9 tiri. Più tiri e più segni, e molti tiri li accumuli quando riesci a non perdere palla, perché sei abbastanza bravo o perché hai la strategia più adatta a giocare facendo possesso. Va da sè però la tecnica della Long Ball rimane comunque efficace nelle partite di calcio di divisioni inferiori poiché c'è meno gioco di squadra e precisione nei passaggi.
Un pallone rilanciato subito con magari un attaccante veloce può produrre danni non indifferenti.
Così come, nelle divisioni inferiori, le difese potrebbero avere problemi proprio grazie a Long Ball "sporche" e difficili da controllare, dando una possibilità all'attacco.
A qualsiasi livello, viene utilizzato nei minuti finali di partita quando una squadra è sotto nel punteggio. Del resto come diceva il mitico Bob Paisley "Non è questione di palla lunga o corta ma di palla giusta".


ESEMPI RECENTI
Stan Cullis fu come detto in precedenza tra i primi a recepire i dettami di Charles Reep.
La maggior parte dei suoi giocatori sarebbero morti per lui, ma ci sono stati anche quelli, giovani soprattutto, che in seguito si lamentarono del carattere di Cullis. L'idea del manager era che la palla doveva essere mossa nelle zone pericolose del campo il più rapidamente possibile, idealmente con passaggi lunghi. Potenza e lanci lunghi. Le "ali volanti" erano l'essenza del gioco Lupi: Jimmy Mullen, a sinistra, e il piccolo Johnny Hancocks, acquistato a buon mercato dalla vicina Walsall, sulla destra.
"Tip-tap, tip-tap", diceva in tono acido, quando i passaggi non erano abbastanza lunghi per lui.
"Thump-bum, bum-bum!" quando i lanci lunghi erano ok. Forse stile di gioco controverso ma non vi era alcun dubbio sulla mentalità vincente di questa squadra. Come dimenticare poi Sammy Smyth o Billy Wright. Vittorie schiaccianti arrivarono contro l'allora formidabile Honved Budapest (3-2), nonostante la presenza di sei degli ungheresi che avevano battuto 3-6 l'Inghilterra a Wembley.
Vennero poi battute la Dinamo Mosca (2-1), il Real Madrid (3-2) e lo Spartak Mosca (4-0).
I Lupi vinsero il campionato nel 1954, 1958 e nel 1959, finirono secondi nel 1950, nel 1955 e nel 1960, terzi nel 1953 e 1956. Vinsero la FA Cup nel 1949 e nel 1960. Tutto questo sino al 1964 quando Cullis lasciò, rifiutò anche un'offerta della Juventus, prima di riemergere come manager del Birmingham City, un anno dopo. Morì nel 2001.
In seguito (anni 70 e 80) questa strategia di gioco verrà adottata con successo da Graham Taylor che nel giro di 5 anni riuscirà a portare il Watford dalla quarta divisione alla first division, passando anche per l'Europa. Altri esempi noti furono Dave BassettBobby Gould al Wimbledon.
Bassett guidò la squadra dal 1981 al 1987, quel Wimbledon non aveva uno straccio di gioco/schema.
L'unica strategia era picchiare come fabbri ed appena recuperata palla, lanciarla in avanti il più velocemente possibile. Il tutto era molto affidato al caso quindi.

Don Revie dirà di loro: "il loro gioco è così brutto ed affidato al caso ed alla buona stella, che se la fortuna gli assiste per un paio di anni possano anche vincere tutto: Campionato, FA e Coppa Campioni. Sono l’antitesi del calcio. Del football non sanno niente. Ecco perché fanno paura. 
Perché è il caso che decide il loro futuro. Non loro. Se allenassi preferirei incontrare il Real che quella manica di assurdi randellatori"

Bassett rimase sino al 87 come detto, poi andò al Watford. Venne sostituito da Gould che arrivò al Plough Lane dal Bristol Rovers. Il manager di Coventry, continuò ad impostare il gioco appunto su “palla lunga e pedalare”, poi gran corridori e uomini che non facevano prigionieri picchiando come fabbri. Il loro approccio alle gare era contestato da tutti gli addetti ai lavori.
In molti etichettarono i loro comportamenti da farabutti, il loro gioco veniva considerato povero rispetto a quello espresso dai top team. I risultati, però, arrivarono. Non scesero mai sotto il decimo posto in First Division, poi in Premier, per molti anni. Gli avversari non capivano che più loro venivano criticati, più rispondevano con trash talking e con asprezza. Bobby Gould non si sognò mai di cambiare impostazione tattica e non cercò mai giocatori con caratteristiche diverse da quelle appena descritte. La vittoria della FA Cup 1988 (battendo il fortissimo Liverpool che aveva vinto 4 Coppe Dei Campioni nell'ultima decina d'anni) fu figlia proprio di quella attitudine. Il termine Crazy Gang venne coniato dal commentatore della BBC, John Motson, che, al termine della finale del 1988, così si espresse: “The Crazy Gang have beaten the Culture Club!”. Si può citare anche Jack Charlton, che diede lezioni al mondo ad Italia 90 con la sua Irlanda portata tra le prime 8. Gioco fisico, duro, ostico e poi lancioni lunghi che ben si adattavano alla struttura fisica dei giocatori irlandesi del 1990.
Estrema fisicità, contatti duri, palle alte per le torri aeree che mettevano in difficoltà qualsiasi difesa, bombardamenti aerei continui, inoltre muoveva le sue torri come pedine degli scacchi portando astutamente i difensori fuori posizione. Terzini sinistri costretti a spostarsi centralmente o nella parte opposta del campo inseguendo i movimenti degli irlandesi, difensori centrali costantemente fuori posizione e costretti a vedersela con colossi alti 1.90. Questa fu l'Irlanda nel mondiale del 1990.
A seguito delle dimissioni di Chris Turner, John Beck divenne nel gennaio 1990 manager del Cambridge in quarta divisione. Parliamo di un altro patito delle Long Ball. Nella sua prima stagione lo United vinse i playoff di quarta divisione, raggiungendo i quarti di finale di FA Cup (un risultato raro per una squadra di quarta divisione). La stagione successiva (1990/91) vinse il titolo di Third Division dopo un gran finale di stagione (risalirono in 3 mesi dal decimo posto alla prima posizione), ripetendo l'impresa di raggiungere i quarti di finale di FA Cup. Durante l'estate, Beck rifiutando il Leicester City e dicendo di voler portare il Cambridge in Prima Divisione. Non ci andò lontano, visto che nel 1991/92 finirono in quinta posizione in Secondo Division, la posizione più alta mai raggiunta dal club,  perdendo proprio con il Leicester City la semifinale play-off e mancando quindi la terza promozione consecutiva. Nonostante gli ottimi risultati, Beck venne pesantemente criticato dai media, dai fan e dai manager di altri club, in particolare Glenn Hoddle (allora allo Swindon Town). Il loro stile di gioco era simile a quello di Wimbledon (ricordo: dalla quarta divisione alla prima in quattro stagioni e vittoria della FA Cup dopo 2 stagioni di massima serie). Tuttavia, egli rimase molto amato tra i tifosi del Cambridge United. Beck, a seguito di una partenze di stagione disastrosa, verrà licenziato nel 1992/93.
Altri promotori di questo gioco furono Terry Butcher che lo esportò anche in Australia, Russell Slade al Grimsby Town nella prima metà del nuovo millennio, Sam Allardyce ai tempi di Bolton e Blackburn (altro manager che come Reep non lasciava nulla al caso studiando per filo e per segno gli avversari, calci piazzati, corner e quant'altro), Gary Megson soprattutto nel suo periodo al Bolton, Aidy Boothroyd quando allenava il Watford ma anche il Coventry, Kevin Blackwell allo Sheffield United, Graham Westley allo Stevenage soprattutto (basti però vedere come sia un manager molto duttile, visto che al Peterborough non si è visto niente di tutto ciò, eppure è risaputo che Westley ami le Long Ball), Adam Murray al Mansfield (squadra di bassa classifica ma fisicissima e durissima da affrontare in League Two negli ultimi anni). Jay Saunders al Maidstone United è uno degli esempi per antonomasia in Non League (ovviamente più si scende tra i dilettanti e maggiori sono questo tipo di esempi). Oppure si può parlare, dilungandoci, dello Stoke di Tony Pulis sino al 2013.
Entrato nella classifica degli allenatori più sorprendenti del campionato inglese stilata dal «Financial Times» tra il 1973 e il 2010. Molti osservatori consideravano lo stile «palla lunga e pedalare» dello Stoke antiquato. Lo Stoke giocava più palle lunghe e totalizzava meno possesso nella metà campo avversaria rispetto a qualunque altra squadra di Premier League. Allo Stoke andava benissimo non tenere palla perchè secondo il manager gallese c'è una maggiore probabilità di segnare, e meno di subire, non tenendo la palla. L’unico possesso in cui sembrava davvero credere arrivava quando Rory Delap batteva le rimesse laterali.
Lo Stoke era perfettamente a suo agio giocando meno calcio di chiunque altro. Più la palla era in gioco, e più spesso lo Stoke l’aveva tra i piedi, peggiorando la situazione. Pulis ha portato questa tattica vincente non solo a Stoke ma anche con Crystal Palace e WBA (modificando però parzialmente il modo di giocare. Sempre calcio diretto ma molto più guardabile, almeno nel 2016/17). Secondo delle statistiche la palla rimane in gioco 60/65 minuti effettivi, in Premier League la media era di poco più di 62 minuti. Tuttavia, nelle partite dello Stoke la palla rimaneva in gioco per una media di 59 minuti.
3 minuti sotto la media della Premier League e ben 8 in meno rispetto al Manchester United che guidava questa classifica nel 2010/11 con 67 minuti. Quindi, di norma, se in campo c'erano i Potters, la partita durava effettivamente 8 minuti di meno. Con Pulis, lo Stoke teneva/buttava sistematicamente la palla fuori dal campo. Cioè lo Stoke controllava la palla ma a gioco fermo.
Una differenza che poteva rivelarsi così estrema che in certi incontri si vedevano soltanto 45 minuti di vero calcio. Nella stagione 2010-2011 lo Stoke fissò il record di rimesse laterali lunghe a 550, l’anno successivo ne batté 522. Ai lati del campo erano appostate asciugamani: ogni volta che la palla usciva fuori, Delap la prendeva tra le mani, la asciugava, e intanto il tempo passava quindi le probabilità dell’avversario di prendere la palla si riducevano. Il bombardamento aereo dello Stoke dalle rimesse laterali, oltre a creare occasioni, negava all’avversario la possibilità di costruirne per sé. Nel 2011-2012 lo Stoke mise in fila più di tre passaggi poco più di una volta ogni dieci possessi. Soltanto nel 4% dei casi arrivava a sette passaggi o più. I giocatori dello Stoke avevano capito, forse, che per loro il possesso palla era controproducente: più lo praticavano in maniera tradizionale, tentando passaggi di piede in campo aperto, più spesso perdevano palla e la cedevano all’avversario, dandogli delle opportunità di attaccare. Soltanto la metà dei gol dello Stoke veniva da azioni manovrate. Dal 2008 lo Stoke è una presenza fissa in Premier League. In questo ha seguito l’esempio del Watford di Graham Taylor e del Wimbledon degli anni 80. Le squadre di Pulis capiscono che il senso del possesso non sta tanto nel tenere palla quanto nel non cederla all’avversario.
Anche se a dire di Brian Clough: "Se Dio avesse voluto che il calcio si giocasse in aria avrebbe messo l’erba nel cielo".


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