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domenica 25 dicembre 2016

L'Inseguimento Di Armstrong A Simeoni (Tour De France 2004)

Filippo Simeoni: "A scuola andavo bene, in camera avevo il poster di Hinault, continuavo a sognare che un giorno avrei vinto il Giro d’Italia, la corsa che mi affascinava di più. 
Mi diplomo ragioniere, ho due fratelli laureati in Economia e commercio, ma la passione per il ciclismo è troppo forte.  Nell’ultimo anno da dilettante mi accorgo che qualcosa non quadrava. 
Mi battevano corridori che fino a pochi mesi prima battevo. 
Vado in Abruzzo dal dottor Santuccione e mi faccio spiegare come funziona l’EPO.  Me lo spiega, ma resisto alla tentazione. Passo professionista con la Carrera di Pantani e Chiappucci. E le cose quadrano ancora meno. A fine ‘96 mi decido e vado dal dottor Ferrari, che in gruppo chiamano dottor Mito, il più bravo allievo del professor Conconi.  Molto celebrati anche dalla stampa. Ferrari mi dice che non ha tempo da perdere con quelli scarsi, può assistermi solo se supero alcuni test, in pratica valuta la mia cilindrata.  Supero i test, posso accedere al trattamento. Ferrari è un grande, nel suo campo. Affascina. Prima del Giro del Trentino e dopo adeguati trattamenti mi dice che posso finirlo nei primi cinque. Finisco quinto. Al Giro d’Italia vado forte ma per una tendinite mi devo ritirare quando sono diciassettesimo in classifica"

"Facevo quello che facevano in tanti, probabilmente tutti. 
E come tutti vedevo l’EPO come medicina, non come doping. 
Veniva a costare sui 10 milioni l’anno, allora non c’era l’euro, più 5 o 6 in farmaci. 
L’EPO funziona a patto di allenarsi intensamente e seguire una dieta ferrea. Una terapia. 
Non percepivo né l’inganno che attuavo né i pericoli che correvo. 
Molte morti sospette di giovani corridori, nel sonno, in quegli anni. 
La molla mi è scattata nel ‘99, quando hanno perquisito la casa del dottor Ferrari e poi, in base alle cartelle cliniche, le case dei corridori che si erano rivolti a lui. 
Anche la mia, all’alba.  Carabinieri che rovistano nel frigorifero, aprono i cassetti, mia madre agitata che mi dice: Filippo, cos’hai combinato? Non mi hanno trovato medicinali, solo appunti su taccuini. 
Avrei potuto cavarmela come altri, ma ho capito che sbagliavo e non si poteva continuare su quella strada.  Con chi mi conosceva non ho avuto problemi, ma per il gruppo ero diventato l’infame, la spia, quello che sputa nel piatto dove ha mangiato"

Filippo Simeoni il 12 febbraio 2002 confessò di aver comprato sostanze dopanti dal suo medico, Michele Ferrari, lo stesso che seguiva Lance Armstrong (e molti altri corridori).
Allo statunitense, che sulla questione lo aveva definito "mentitore assoluto", rispose con una querela. Simeoni prese una squalifica pari a 24 mesi per aver fatto uso di doping.

Simeoni: "Fui ascoltato come persona informata sui fatti. Io non feci altro che essere onesto con gli inquirenti. Mi avevano sequestrato delle agende in cui annotavo tutti i particolari sul mio passato di doping e sulla relazione con Ferrari. Ho confermato che ero andato dal dottore per chiedergli consigli sulla preparazione e lui mi espresse chiaramente il concetto che se volevo puntare a migliorarmi dovevo utilizzare certe sostanze. Io non ho fatto altro che confermare ciò che gli inquirenti già sapevano. La cosa buffa è che sono stato attaccato da Armstrong senza che io l’avessi mai nominato. Mi ha detto che ero un mentitore assoluto e una persona poco credibile"

"Io avevo scardinato il sistema pagando sulla mia pelle quelle dichiarazioni, non mi aspettavo di venir squalificato come chi invece era reticente a parlare, come chi si na­scondeva dietro al silenzio. Una squalifica peraltro arrivata nel 2002, quando io avevo iniziato a collaborare nel 1999, confermando tutto nel corso del processo"

Il 23 luglio 2004 al Tour si corre la 18esima, che sembra di puro trasferimento.
Montagna dura il giorno prima (vinta da Lance Armstrong che stacca Ullrich e batte Kloden), cronometro impegnativa il giorno dopo. Gli uomini di classifica si risparmiano. Gli altri provano la fuga. Si va da Annemasse a Lons-le-Saunier, 166 chilometri.
Il gruppo o, meglio, gli uomini di classifica lasciano fare. Dopo una trentina di km parte una fuga che può essere quella buona. Sono in sei: Flecha, Fofonov, Mercado, Joly, Garcia Acosta e Lotz.
Quando il loro vantaggio è di un minuto dal gruppo esce una maglia della Domina Vacanze: è Filippo Simeoni che prova a rientrare. Alla ruota di Simeoni c’è incredibilmente la maglia gialla, il leader della classifica generale, Lance Armstrong. Dopo 14 km d’inseguimento, con Simeoni che tira ed Armstrong a ruota, la strana coppia raggiunge i primi (con gruppo, tifosi e telecronisti esterrefatti).
"Bravo Simeoni, bel numero, mi dice Armstrong per sfottere. Poi va a parlottare con gli altri, in particolare con Garcia Acosta che è il più anziano. 
E poi Garcia Acosta si lascia scivolare al mio fianco: se Armstrong resta qui la nostra fuga è condannata.  Lui dice che se ti stacchi tu si stacca anche lui, il gruppo vi ripiglia e a noi ci lascia andare.  Mi sono staccato per non danneggiare dei colleghi, è finita che ha vinto Mercado e il gruppo è arrivato a 11 minuti. Potevo vincere io, o almeno provarci, e Armstrong me l’ha impedito"

Armstrong gli rinfacciò di aver testimoniato contro il dottor Ferrari, prima lo definì un totale mentitore in un’intervista a Le Monde, poi dovette incassare la querela di Simeoni.
Questo per chiarire la situazione che pesava su quel 23 luglio.
"Una volta che ci eravamo staccati, Armstrong mi disse che avevo sbagliato due volte, mettendo in mezzo Ferrari e poi querelando lui per diffamazione: ho tanti soldi e tanti bravi avvocati, posso rovinarti quando voglio. E poi, quando il gruppo ci riprese, mi fece il gesto della bocca cucita.
Ma non è questo che mi ha fatto più male. Sono stati gli insulti pesantissimi dei colleghi italiani. Guerini s’è scusato quasi subito, Nardello dopo un po’, Pozzato mai. Servi dell’imperatore, questo sono stati. Quella sera ho pensato di ritirarmi, poi ci ho ripensato. Ero la vittima, non il colpevole. E ho il mio orgoglio: nell’ultima tappa, quella sì di trasferimento per tradizione, ho attaccato quando Armstrong stava facendo le foto coi bicchieri di Champagne, in testa al gruppo. E i suoi si sono tirati il collo per venirmi a prendere. Poi Ekimov mi ha fatto il gesto delle corna, ma io ero soddisfatto, la provocazione era riuscita. Ci ho provato anche dopo, sui Campi Elisi, sempre per provocare, per far vedere che ero vivo, ma sapevo che per me ci sarebbe stato disco rosso"


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