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sabato 31 gennaio 2015

La Storia Della Parigi Dakar: Incidenti e Morti

La Parigi-Dakar è stata ideata nel 1977 da Thierry Sabine che dopo essersi perso, con la sua moto, nel deserto durante la Abidjan-Nizza ritornò in Francia sconfitto da questi paesaggi e territori infimi ed estremi. Dal 1978 la Parigi-Dakar ha iniziato a svolgersi tutti gli anni e toccava moltissimi dei paesi dell'Africa nord-occidentale, meridionale e centrale.
Sabine, dalla prima partenza del rally raid fino alla sua morte, era solito radunare tutti i piloti prima della partenza per ricordare le più importanti norme sulla sicurezza.
La Dakar oltre ad essere affascinante per i luoghi che si oltrepassano durante la competizione è purtroppo famosa anche per la sua pericolosità infatti alcuni piloti come Fabrizio Meoni (KTM), Jean-Noel Pineau (Yamaha), la popolazione locale e lo stesso fondatore della Dakar sono morti nel campo di gara a causa di incidenti mortali.


IL PERCORSO
È chiamata "Parigi-Dakar" in quanto nelle prime edizioni (dal 1979 al 1991 e ancora nel 1993, 1994, 1998, 2000 e 2001) il percorso iniziava appunto dalla capitale francese per terminare in quella del Senegal. In seguito, mentre l'arrivo si è mantenuto quasi sempre a Dakar, la sede di partenza ha subito diversi spostamenti dal 1995. La gara, dopo un prologo in Europa, attraversava diversi paesi africani e il deserto del Sahara fino ad arrivare a Dakar.
Dal 2009 la corsa ha spostato il suo percorso in Sudamerica, mantenendo comunque la denominazione di Dakar. La Dakar sarà ospitata in tre paesi che hanno già mostrato le loro caratteristiche nelle cinque edizioni precedenti del rally raid.
Nell'edizione del 2012 il percorso che si snodava nel Perù piacque molto ai piloti ed ai loro equipaggi.
Una volta che si attraversano le montagne delle Ande, dopo una prima visita in Cile, il rally raid incontrerà un volto diverso del Sud America, quella che garantisce una vasta gamma di terreni come: terra, sabbia fango etc. Due sequenze distinte si svolgeranno in Cile e ciascuna di essi sarà decisiva.
Il ritorno alla Atacama corrisponde alla fase della Dakar dove i concorrenti guidano per dominare la resistenza estrema degli avversari.
Come una sfida di resistenza, le sessioni tra le dune continueranno fino al giorno prima del traguardo.
Alla gara partecipano auto, moto, camion e quad. I mezzi che intraprendono questa durissima gara sono dotati di GPS e si vedono rinforzare le proprie parti meccaniche per sopportare il gran caldo e le sollecitazioni.


EDIZIONI PASSATE: INCIDENTI E MORTI
28 piloti hanno lasciato la vita nella polvere della Parigi-Dakar. E' il bilancio delle 37 edizioni della gara nel deserto più famosa e pericolosa. Bilancio che supera i 60 morti contando anche giudici e spettatori. Oltre agli incidenti, uno dei rischi maggiori è quello di perdersi nel deserto. Ovviamente ora con il GPS le cose sono un po' migliorate.
Nella prima edizione (26 dicembre 1978) si iscrissero ben 170 concorrenti in moto o macchine adatti ad affrontare questi terreni. I concorrenti della prima edizione dovevano percorrere 8.500 Km per arrivare fino a Dakar (attraversando la Francia, l'Algeria, il Niger, il Mali e infine il Senegal) ed il primo vincitore fu Cyril Neveu (Yamaha). Nel 1979  muore il motociclista Patrick Dodin per una caduta, mentre tentava di sistemarsi il casco che gli si era allentato.
Nell'edizione del 1982 fu caratterizzata dalla missione di ricerca e salvataggio di Mark Thatcher, figlio dell'allora Primo Ministro britannico Margaret smarritosi nel deserto del Sahara e fu ritrovato il 14 gennaio del 1982 con un aereo dell'aviazione militare argentina.
Tragica fine per l'olandese Bert Oosterhuis che cade da una Yamaha nel corso della tappa da Quatre Chemins ad Ecker. Nell'edizione del 1983 il percorso, per la prima volta, attraversa il deserto del Tenerè, un luogo che tutti consideravano "mistico" per le condizioni estreme e le insidie, infatti durante il rally raid circa 40 piloti rimangono coinvolti in una tempesta di sabbia ma grazie alle guide locali riescono a portare in salvo i piloti. In quest'edizione perde la vita il francese della Yamaha, Jean-Noel Pineau, che si schianta su un tronco ai margini della strada che portava a Ouagadougou.
Il percorso dell'edizione del 1986 fu di 15.000 Km che componevano un tracciato molto ostico e difficile che si snodava in Algeria, nel Niger poi nel deserto del Tenerè e la Muritania.
Durante la gara ci furono molti incidenti tra cui quello mortale di Therry Sabine (organizzatore e fondatore della Parigi-Dakar) mentre cercava di salvare alcuni piloti.
Durante il trasferimento verso Sète, il motociclista giapponese Yasuo Kaneko viene investito ed ucciso da un automobilista. Martedì 14 gennaio, durante il raid a otto chilometri da Gourma-Rharous, ai margini del Niger, cade un elicottero che seguiva la corsa.
Nell'incidente muoiono appunto l'inventore della Dakar, Thierry Sabine, il cantante Daniel Balavoine, la giornalista Nathaly Odent, il pilota Francois-Xavier Bagnoud ed il tecnico radio Jean-Paul Lefur;
L'edizione di quest'anno fu vinta da Nueve (Honda, moto) e Metge (Porche) anche se la gara doveva essere vinta da Auriol (Cagiva) che però a pochi chilometri dal traguardo ed in testa alla competizione cadde ropendosi entrambe le caviglie. L'edizione del 1988 festeggia i primi dieci anni della corsa con il numero record di iscrizioni ben 600 tra moto, macchine e camion.
Quest'edizione fu ricca di gravi incidenti e molti ritiri. Kees Van Loevezijn, navigatore olandese della Daf di Van de Rijt muore sul colpo dopo essere stato sbalzato via dal mezzo su cui si trovava.
La stessa edizione è fatale anche per Patrick Canado, copilota di Boubet, dopo una collisione con un altro mezzo. Nel 1991 Charles Cabannes, pilota francese d'un camion d'assistenza, viene ucciso da un proiettile vagante in Mali. Nell'edizione del 1992 la Dakar arrivò a toccare addirittura la Città del Capo in Subamerica con arrivo a Le Cap. In quest'edizione viene introdotto per la prima volta il "GPS".
Tra Syrta e Sabha (Libia), Jean-Marie Sounillac e Laurent Le Bourgeois, muoiono a bordo di una vettura d'assistenza. Tragica fine anche per il motociclista Gilles Lalay, in seguito alla collisione con una Toyota del servizio di assistenza medica.
Nel 1994 muore un altro pilota di moto, il belga, Michel Sansen, vittima di una caduta. Nel 1996 è la volta di Laurent Gueguen. Il suo camion esplode nella tappa da Foum El Hassan a Smara.
Nel 1997 il motociclista Jean-Pierre Leduc muore dopo una caduta sul percorso che stava attraversando il Mali. Daniel Vergnes, preparatore dei veicoli del team Toyota Trophy, perde la vita durante il trasferimento in Mauritania nel 2002.
Nel 2003 la vettura del navigatore Bruno Cauvy, alla sua prima Dakar, si capovolge nel deserto in Libia. Nell'edizione del 2005 muore durante una tappa Fabrizio Meoni (KTM) a 47 anni dopo aver vinto per due anni la stessa Parigi-Dakar (edizioni del 2001 e 2002). Il giorno prima era morto Josè Manuel Perez a seguito di una caduta. Nel 2006 muore a 41 anni il centauro australiano Andy Cadelcott, vittima di una caduta nel corso della speciale della 9/a tappa tra Nouakchott e Kiffa.
Scompare in un incidente il motociclista sudafricano Elmer Symonds, mentre il francese Eric Aubijoux è vittima di un attacco di cuore in Senegal nel 2007. L'edizione del 2008 è annullata per l'uccisione di 4 turisti francesi in Mauritania. Nell'edizione successiva(2009), il motociclista francese Pascal Terry viene trovato morto in Argentina a due giorni dalla scomparsa, vittima di un arresto cardiaco.
Nel 2012 incidente mortale alla prima tappa per il motociclista argentino Jorge Andres Martinez Boero.
Nel 2013 due persone muoiono in Perù in un incidente stradale tra un veicolo dell'assistenza e due taxi.
Il motociclista francese Thomas Bourgin muore dopo una collisione con un veicolo della polizia cilena.
L'anno dopo(2014) viene ritrovato senza vita il belga Eric Palante. Scompaiono anche due giornalisti argentini in un incidente stradale. Infine nell'edizione 2015 viene trovato morto il polacco Michal Hernik in Argentina.


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venerdì 30 gennaio 2015

La Storia Del Tourist Trophy Sull'Isola Di Man: Percorso, Incidenti e Morti

"Motorsport can be dangerous"

Il Tourist Trophy che si svolge sull' Isola Di Man non è una semplice gara.
E' una sfida che l'uomo decide di affrontare pur sapendo di rischiare la vita nei 60 chilometri che formano il circuito.
Negli oltre 100 anni di storia del TT sono morti oltre 250 piloti su una pista che non è mai cambiata, se non nelle medie di percorrenza che oggi superano i 200 km/h sfiorando marciapiedi, muretti, pali e burroni.
Si parla di 258 morti, a cui vanno aggiunti 5 spettatori, 2 commissari ed 1 poliziotto.
Partono uno alla volta, a distanza di dieci secondi.
Non c’è dunque gara più controversa del TT.
Non c’è competizione più amata.
Non c’è circuito più pericoloso.
Lo percepisci in griglia prima della partenza, c'è una tensione forte che colpisce lo stomaco.
Per questo al TT i piloti, dal primo all'ultimo, vengono applauditi dalla gente perchè arrivare al traguardo è già di per sè una vittoria.
L'Isola Di Man è situata nel mar d'Irlanda tra le coste irlandesi ed inglesi con una superficie di 572 km quadrati. La capitale è Douglas, circa 89mila abitanti.


STORIA E TIPOLOGIA DI GARA
Va in scena dal 1907 lungo un percorso di 37.73 miglia (60.720 km), denominato Mountain Course, che si snoda lungo l’isola, situata tra l’Inghilterra e l’Irlanda.
Si tratta di un circuito stradale, cioè strade normalmente aperte al traffico, che vede competere i piloti, suddivisi in categorie, con medie incredibili (oltre i 200 km/h).
Il TT dura in totale ben due settimane.
La prima è dedicata alle prove, che si svolgono tutti i giorni nel tardo pomeriggio, mentre la seconda settimana viene dedicata alle gare, che si svolgono in tarda mattinata e nel primo pomeriggio, a giorni alterni (salvo, ovviamente, meteo avverso).
Durante le prove i piloti prendono il via a due alla volta, ogni coppia a distanza di 10 secondi l’una dall’altra, mentre per la gara la partenza è singola, con i piloti sempre distanziati di 10 secondi l’uno dall’altro.
Il 1907 è l’anno in cui si disputò la prima gara del TT, corsa sul tracciato chiamato St.John, il 1911 è il primo anno in cui il TT si è corso sul tracciato denominato Mountain, che poi è quello attuale, il 1920 è l’anno in cui, definitivamente, il TT si trasferisce sul Mountain Circuit.
Inserito nel calendario del Motomondiale come Gran Premio di Gran Bretagna dal 1949 al 1976, ha visto al via tutti i grandi campioni del passato.
Joey Dunlop, leggendaria icona del “road racing”, è il primatista assoluto di vittorie, con 26 successi: la sua incredibile striscia di primi posti è stata interrotta dal tragico incidente del 2000, a Tallin, in Estonia, lontano dalle familiari strade del TT.
La due settimane del TT ospitano le qualificazioni alle varie categorie (Senior TT, Superbike, Superstock, Supersport, Newcomers, Lightweight, Sidecar, TT Zero Challenge), compresa quella dedicata ai veicoli elettrici e le gare.


IL CIRCUITO
I circuiti che l’isola offriva erano più di uno, tra cui il “Clypse Course”, utilizzato tra il 1954 e il 1959 per le classi Junior ma quello più estremo, quello della leggenda, è lo “Snaefell Mountain Corse”, il cosiddetto circuito della montagna, utilizzato in gara per la prima volta nel 1911.
Rimasto praticamente invariato fino ai giorni nostri, si divide in una serie di tratti storici riconoscibili e in alcuni casi molto temuti dai piloti.
Una sessantina di curve in tutto il circuito, sulle oltre duecento totali, sono dedicate ai piloti che vi hanno compiuto le maggiori imprese o che, in incidenti di gara, vi hanno lasciato la vita.
L’anello stradale misura 60 chilometri e 720 metri e viene ripetuto per sei volte nelle classi principali e per tre o quattro in quelle minori.
Le strade utilizzate sono aperte alla viabilità convenzionale per tutto l’anno e chiuse al traffico (non sempre è stato così, perlomeno durante le prove) in occasione della gara.
Quando questo ancora non accadeva, erano ancor più numerosi gli incidenti mortali che coinvolgevano la popolazione.
La “Birkins Bend”, ad esempio, è una curva intitolata ad Archie Birkins, pilota che morì nel 1927 scontrandosi con un furgone che trasportava pesce.
In oltre sessanta chilometri di strada, il paesaggio è mutevole.
Il tratto maggiormente suggestivo è quello montano nei pressi di Brandywell, dove si tocca la massima altitudine, sullo Snaefell, a quota 422 metri.
Il giro parte da Douglas, la capitale dell’isola, sul lungo rettilineo in discesa di Bray Hill nel centro dell’abitato, in cui i bolidi di oggi superano i 300 chilometri all’ora.
Si arriva in staccata ad una curva verso destra posta sulla rotonda dell’incrocio di Quarter Bridge e ci si avvia verso il tortuoso tratto di Glen Helen, dove la strada è in alcuni punti incassata tra le rocce.
L’attraversamento del villaggio di Kirk Michael è uno dei tratti da sempre più pericolosi: quattro curvoni in successione permettono alle moto di superare in piega i 200 chilometri orari.
A Ballaugh Bridge c’è uno dei punti più spettacolari, dove le moto, seppure in un tratto lento, volano su un’impressionante dosso, ancora oggi cinto della stessa ringhiera metallica dei primi del Novecento.
Si passa poi nell’abitato di Ramsey prima di inoltrarsi nel paesaggio lunare di Verandah, dove la montagna disegna scenari e strapiombi tanto affascinanti quanto pericolosi.
Una volta scollinato lo Snaefell, il tracciato scende in picchiata verso Douglas, non senza un ultimo brivido sul Governors Bridge, posto a pochi metri dal rettilineo d’arrivo in cui bisogna decelerare bruscamente per rimanere in carreggiata.


MORTI ED INCIDENTI
La spettacolarità dell’evento e la convinzione che si tratti dell’unica gara “vera”, un confronto alla pari tra le insidie del percorso e l’abilità dei piloti, fa del TT la competizione più amata da molti motociclisti.
Molti altri, però, ne contestano l’eccessiva pericolosità, che ha chiesto negli anni un eclatante tributo di sangue: sono oltre 250, infatti, i morti nella storia della corsa, che ogni anno è immancabilmente funestata da incidenti, che coinvolgono i piloti e in qualche caso i commissari di percorso.
Da cosa è data l'eccessiva pericolosità? Ovviamente dal fatto che i piloti sfrecciano tra case, muri, alberi e pali della luce.
La media è di 218 km/h con punte di 320 km/s e passaggi da brivido tra le abitazioni.
Il primo morto risale già al 1911 (Victor Surridge) finito in un canale contro un terrapieno.
Tra gli altri si ricordano il campione del mondo delle 500 nel 1949 (Leslie Graham) e delle 125 nel 1961 (Tom Phillis).
Si ricordano anche gli italiani Gilberto Parlotti nel 1972 e Marco Fattorelli nel 1989.
O Rob Vine Fund nel 1985.
La morte di Parlotti fece desistere Giacomo Agostini dal partecipare.
Dal 1973 tutti i piloti del motomondiale si rifiutarono di partecipare al TT, gara che verrà estromessa dal calendario dalla federazione motociclistica internazionale solo nel 1977 (faceva parte del mondiale dal 1949).
Il 2003 è l’anno che segna la morte, proprio qui a Man, di un grande pilota, che prometteva grandi cose per il futuro.

Agostini: "Ho lottato per farla togliere dal mondiale perchè non credevo fosse giusto correre perchè si è obbligati. Lì ma anche in piste come Abbazia e Spa si avvertiva il pericolo: ogni 10 giorni moriva un pilota. Dovevamo interrompere questa serie. Ritengo che il TT sia la gara più pericolosa al mondo oltre che una delle più affascinanti ma sono anche liberale: corre chi lo desidera"

Nei decenni successivi altre morti illustre si susseguono.
David Jefferies, perderà la vita di giovedì pomeriggio, schiantandosi con la sua Suzuki 1000cc, contro un muro a Crosby, ad una velocità probabilmente superiore alle 155 Mph (250 Km/h).
Gli incidenti, peraltro, appaiono inevitabili, considerate le medie elevatissime tenute dai piloti più competitivi, oltre alle caratteristiche del circuito, che passa letteralmente tra le case, sfiorando marciapiedi e lampioni.
La velocità massima rilevata è stata stabilita da Keith Amor che, in sella alla sua Honda 1000cc, nel rettifilo di Sulby ha toccato le 192.80 Mph (310.28 Km/h).
A dir la verità, Cameron Donald in sella ad una Suzuki MotoGp, durante un giro d’onore, ha toccato le 202 Mph (325.09 Km/h), ma il record non è stato ufficializzato.
E' proprio il rischio di gravi incidenti che ha sconsigliato tutti i piloti attualmente protagonisti in MotoGP e in Superbike dalla partecipazione al TT, rinunciando a un’occasione unica di dimostrare il proprio talento anche nelle competizioni stradali.
Il Mountain Course, nonostante che per molti anni sia stato oggetto dell’ostracismo dei media, continua a rappresentare al meglio la filosofia senza compromessi del road racing, disciplina che guadagna consensi in tutto il mondo.
I vincitori del TT assurgono a eroi, sopravvissuti al percorso terribile, reso ancor più difficile da condizioni meteorologiche quasi sempre ostili.


THE INTERNATIONAL NORTH WEST 200 IN NORD IRLANDA
Di solito “The International North West 200”(che si corre in Nord Irlanda) anticipa di poche settimane il TT dell’Isola di Man.
Si corre lungo un tracciato chiamato “The Triangle” (il triangolo), lungo 14.3 km e caratterizzato da velocità massime elevatissime (record nel 2012 con 335 km/h).
L’indicazione numerica si riferiva alla lunghezza della gara, 200 miglia (322 km), ridotta in seguito a distanze inferiori (tra 4 e 6 giri).
Questo è forse solo l'antipasto ma anche questo circuito, come pericolosità, non scherza affatto.


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La Streif Di Kitzbuhel: Storia, Pista, Incidenti

Partendo dall'assunto che la Streif di Kitzbuhel è la più spettacolare pista di discesa libera del mondo ma forse anche la più difficile. Ogni anno, nel mese di gennaio si sfidano i migliori sciatori del mondo per conquistare la vittoria. I primi documenti storici testimoniano che a Kitzbuhel si gareggiava già nel 1894, ma è soltanto dal 1931 che la competizione è aperta a livello internazionale. E dal 1967, ovviamente, fa parte della Coppa del Mondo. Il record di velocità appartiene a Fritz Strobl realizzato nel 1997: 1'51''58.


LA PISTA
La Streif viene definita "la gara" di discesa libera. Ciò deriva dalla diversità del suo terreno.
Tutti gli elementi di una discesa classica si trovano sulla Streif: sponde pungenti che con l’alta velocità portano a salti mozzafiato, pendii ripidi, percorsi pendenti, schuss, curve, percorsi di scorrimento, innumerevoli spettacolari ondulazioni del terreno, persino brevi tratti in salita come prima del salto Seidlalm. Essa, come detto, è caratterizzata da numerosi passaggi che hanno scritto la storia dello Sci Alpino: si parte dei 1665m sul livello del mare (per scendere sugli 805m del traguardo), dopo soli 5 secondi di baratro (la pendenza iniziale è impressionante) si trova la Mausefalle (trappola per topi), un salto di una quarantina di metri che spedisce gli atleti verso la Steilhang, una esse strettissima e in contropendenza che immette su una lunga stradina praticamente pianeggiante.
Chi esce male dalla Steilhang può dire addio alle ambizioni di successo, visto che la velocità persa porta a distacchi incolmabili. Al termine della stradina un altro salto detto Gschoess, che nel 1994 praticamente segnò la fine della carriera di Franz Heinzer. Il tratto veloce senza curve è conosciuto come Bruckenschuss. Dopo un altro lungo falsopiano, l’Alte Schneise, si entra nella parte finale, la più difficile, la più pericolosa, la più affascinante: l’Hausbergkante. Un lungo schuss con pendenze da brivido (85% quella massima) che i gatti delle nevi riescono a risalire soltanto trainati da un cavo d’acciaio e che fa toccare punte di velocità vicine ai 140/150 km/h. Non solo, è da affrontare trasversalmente, con la pendenza che butta gli atleti verso il basso, costringendoli a lavorare tantissimo per mantenere una buona linea. Poi il salto finale, famoso per aver causato incidenti più o meno gravi nel corso degli anni e recentemente smussato, e finalmente il traguardo.


INCIDENTI
Come ogni pista leggendaria, anche sulla Streif vengono ricordati diversi incidenti più o meno gravi.
Nel 1995 si disputarono ben due discese nello stesso giorno, pur con partenza abbassata alla seconda curva della Steilhang. Per il grande Luc Alphand fu doppietta, e furono anche le prime di una lunga serie di vittorie in Coppa del Mondo. Ma l’evento indimenticabile fu la tremenda caduta di Pietro Vitalini sull’Hausbergkante. Il valtellinese spigolò, fu proiettato verso le reti che scavalcò passando a pochi centimetri da un palo di ferro e proseguendo il suo volo per altri cinquanta metri oltre le protezioni. Il sangue si gelò nelle vene di tutti gli spettatori al traguardo e a casa.
Miracolosamente illeso, al punto che si presentò al cancelletto di partenza della seconda discesa arrivando poi quinto. Un vero e proprio miracolo se si considera che fino alla settimana prima oltre le reti non c’era la neve ma pietraia.
Oltre al miracolato Vitalini, nella memoria degli appassionati restano le drammatiche cadute di Brian Stemmle nel 1989, di Daniel Albrecht nel 2009 e di Johann Grugger nel 2011.
Il canadese cadde alla Steilhang, uno sci si infilò nelle reti, all’epoca non certo sicure come quelle odierne, rompendosi il bacino e soffrendo di numerose lesioni interne che fecero temere per la sua vita.
Ripresosi, fece causa agli organizzatori ottenendo un rimborso milionario, e dopo circa un anno e mezzo rientrò in gara. L’elvetico arrivò completamente arretrato sul salto finale, cadendo di schiena a oltre 140 km/h. Venti giorni di coma in cui si temette per la sua vita prima di una lentissima ripresa che lo ha riportato in Coppa del Mondo benché i segni di quella botta si facciano sentire tutt’ora.
L’austriaco infine cadde pesantemente alla Mousefalle, perdendo il casco e rimanendo in coma per qualche giorno. Una delicata operazione al cervello lo salvò, ma la sua carriera terminò sulla pista più amata.

Altre cadute celebri nell'ultimo trentennio:
23.01.1987: Todd Brooker, commozione cerebrale, frattura del setto nasale, lesioni al volto e ad un ginocchio.

9.01.1991: Bill Hudson, rottura di una scapola, frattura della quarta vertebra, di un radio sinistro e lesioni polmonari.

10.01.1996: Cadono in diversi in allenamento, Andreas Schifferer, J.Strobl e Lasse Kjus.
Schifferer trauma cerebro craneale, tre giorni in coma.

23.01.1998: Roland Assinger sbatte contro una delimitazione della pista e viene trasportato in ospedale con lesioni ad una spalla ed alle costole, fine della carriera.

21.01.1999: Patrick Ortlieb, frattura scomposta al femore destro, lesioni all'anca e ad un ginocchio.
Fine della carriera.

20.01.2005: Thomas Graggaber, caduta in allenamento, fratture multiple alle costole nonché gravi lesioni a spalle e polmoni. Fine della carriera.

16.01.2008: Andreas Buder caduta in allenamento, tra le altre cose frattura della testa tibia destra, mai ripresosi completamente si è ritirato da poco.

19.01.2007: Scott Macartney cade sull'ultimo salto prima dell'arrivo nel giorno del suo 30mo compleanno. Coma artificiale per 1 giorno.


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giovedì 29 gennaio 2015

La Battaglia Di Bramall Lane: Sheffield Utd v West Bromwich (2002)

Ebbene si, a volte succede.
Cioè che la partita venga interrotta per troppe espulsioni (o/e infortuni).
Il regolamento del calcio prevede che una squadra non possa giocare con solo 6 giocatori, in caso succeda ciò, la partita è interrotta e la squadra rimasta in 6 perde a tavolino 3-0.
La battaglia di Bramall Lane è il nome dato ad una partita di calcio di First Division tra Sheffield United e West Bromwich Albion giocata il 16 marzo 2002.
First Division (la neo-Championship, seconda serie insomma).
La partita venne abbandonata perché lo Sheffield United era rimasto a giocare con soli 6 giocatori.


LA SITUAZIONE
Era la stagione 2001/02 e mancavano 8 giornate alla fine del campionato: l'Albion si trovava al terzo posto con 67 punti, 11 punti dietro i rivali del Wolverhampton Wanderers, che occupavano la seconda posizione (promozione diretta).
Lo United invece era in 15a posizione con 50 punti, al sicuro dalla retrocessione, ma lontano dai playoff.


LA PARTITA
Passano 9 minuti e il portiere dello United, Simon Tracey, venne espulso perchè prese la palla con le mani fuori dalla sua area di rigore, negando al WBA una chiara occasione da goal.
Il WBA segna il vantaggio con Scott Dobie, poi raddoppia al 62esimo con Derek McInnes.
Dal 65 esimo in poi la partita diventa cattiva (nel vero senso della parola) e non si fanno più prigionieri.
Il secondo ad essere cacciato è Georges Santos, il quale era entrato pochi secondi prima, reo di un affondo a piedi uniti su Andy Johnson.
Quando Johnson, la stagione precedente, militava nel Nottingham Forest aveva colpito con una gomitata lo zigomo di Santos e gravemente danneggiato la sua cavità oculare.
Nella mischia che si accende Patrick Suffo, appena entrato pure lui, viene espulso per una testata a Derek McInnes.
Lo United è in 8, senza più sostituzioni.
Poco dopo, il capitano dello Sheffield Utd, Keith Curle, prova pure lui a farsi cacciare ingaggiando un incontro di pugilato con McInnes ma l'arbitro Wolstenholme li grazia ad entrambi.
Al 77esimo, il WBA segna la terza rete con Scott Dobie.
La partita diventa talmente cattiva a livello di interventi che l'arbitro fa finta di aver perso i cartellini e non si vedranno più espulsi ma solo infortuni.
Infatti due minuti dopo lo 0-3, Michael Brown s'infortuna, idem Robert Ullathorne al minuto 82 °, riducendo le Blades in 6 uomini.
L'arbitro, Eddie Wolstenholme, è costretto ad interrompere la partita sullo 0-3.


LE CONSEGUENZE
Gary Megson, manager del WBA, dichiarò dopo la partita:
"Non ci sarà nessun re-match. 
Se ci fanno rigiocare questa partita a Bramall Lane, daremo il calcio d'inizio e poi lasceremo il campo. 
Sto nel calcio professionistico da quando avevo 16 anni ed ora ne ho 42 ma non mi era mai capitato di assistere ad una roba più vergognosa di questa. Non esiste una cosa del genere nel calcio, figuriamoci in quello professionistico".

Al West Bromwich verrà assegnata la vittoria per 3-0 a tavolino ed ovviamente 3 punti dalla Football League.
Sheffield United verrà multato di £ 10.000, Suffo di £ 3.000 più un ban di 6 match (3 per l'espulsione + 3 per condotta violenta), Curle £ 500 ed un ban di 2 match, Santos ban di 6 match (4, più 2 per condotta violenta) e a Warnock(manager dello Sheffield Utd) £ 300 di multa per insulti verso il quarto uomo.


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lunedì 26 gennaio 2015

La Leggenda Dell'Octopus Dei Detroit Red Wings (NHL)

Nell’Hockey c’è tutta una serie di tradizioni sui lanci di animali in campo e robe di questo tipo.
Animali veri, spesso.
Gli iniziatori furono i Detroit Red Wings, poi furono imitati da altre franchigie.


I POLPI DEI DETROIT RED WINGS
Per prima cosa presentiamo Al The Octopus a tutti coloro che non lo conoscono: Al è un polipo ed è a tutti gli effetti la mascotte dei Detroit Red Wings.
Vi siete mai chiesti perchè guardando una partita dei Red Wings talvolta viene lanciato un polpo sul ghiaccio?
La leggenda nasce il 15 Aprile1952 quando i Red Wings stavano per giocare la loro prima partita di Playoffs di quell’anno e con i fratelli Pete e Jerry Cusimano, pescivendoli, decisero di lanciare un polipo sul ghiaccio.
La decisione fu dettata dal fatto che gli otto tentacoli del polipo avrebbero potuto rappresentare le 8 vittorie necessarie per arrivare al titolo.
Quell’anno Detroit non perse più una partita diventando la prima squadra imbattuta nella post-season, aggiudicandosi la Stanley Cup(superarono 4-0 Toronto e poi 4-0 Montreal). .
Il lancio del polpo diventò un rito propiziatorio.
La tradizione svanì tra gli anni ’70 e ’80 quando i Red Wings ebbero delle stagioni deludenti, ma fu ripresa e continua ancora dagli anni ’90.
Nel 1995 fu disegnata la mascotte ufficiale e all’inizio dei playoffs fu rivelata anche la scenografia attuale che viene ancora mostrata ed innalzata sotto il tetto della Joe Louis Arena ad ogni partita dei Playoffs.
Il nome Al deriva da Al Sobotka.
Sobotka è famoso perchè dopo che i polpi vengono lanciati sul ghiaccio li raccoglie e li scuote al vento come le “Terrible Towels” dei tifosi degli Steelers.
Questo creò problemi con la Lega che proibì il lancio di polipi all’interno delle arene dopo che si verificarono degli incidenti simili in altri stadi.
Nei playoffs del 2008 la NHL lanciò un avvertimento alla società di Detroit che prevedeva delle multe da 10.000$ ogni volta che Sobotka si fosse permesso di agitare al vento i polipi raccolti dal ghiaccio.
Tuttavia, successivamente, l’ NHL decise che Sobotka era libero di fare ciò che voleva a patto di stare fuori dal ghiaccio.
La tradizione è ancora viva, Sobotka sostiene che nei Playoffs la media di polipi lanciati è di 23 per partita; tutto questo succede sotto gli occhi del gigante Al The Octopus.
La cosa naturalmente genera tutta una serie di reazioni.
Tipo nel 2008, quando la finale di Stanley era Detroit-Pittsburgh, al mercato del pesce di Pittsburgh una catena di negozi, la Wholey’s, chiedeva un documento ai clienti che cercavano polpi.
Se saltava fuori che l’amante della simpatica piovra veniva dal Michigan, col cavolo che gliela vendevano.
Il più grande polpo lanciato era di ben 23 kg.


ALTRI ANIMALI
Poi anche i tifosi di altre squadre si sono cimentati in lanci improbabili.
Certe solo in occasione di partite contro i Red Wings, per sfidare il polpo.
A San José fans degli Sharks in almeno un paio di occasioni hanno scodellato sul ghiaccio uno squaletto. Mentre quelli dei Nashville Predators sono ricorsi a un pescegatto.
I Chicago Blackhawks nel 2013 gettarono anche loro un polpo, invece i Phoenix Cojotes un serpente.
Senza necessariamente bisogno di essere contro Detroit, in altri stadi si sono visti una tantum o si vedono più o meno spesso altre bestie o altre amenità.
In quella dei Vancouver Canucks un salmone.
Al Boston Garden, casa dei Boston Bruins, un’aragosta.
A casa dei New Jersey Devils un non meglio precisato pesce.
A Edmonton invece è successo che i tifosi degli Oilers abbiano lanciato bistecche.
Quelli dei Florida Panthers normalmente lanciano topi.
I Wildcats(University Of New Hampshire), invece, ad ogni rete degli avversari lanciano sul ghiaccio un pesce morto.


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venerdì 23 gennaio 2015

Schemi Offensivi NFL: Corsa, Passaggio(Gioco Aereo) e Ruoli

Nel football americano il ruolo cardine affinchè l'attacco giri è il Quarterback.
Egli è il giocatore più importante perchè è dalle sue mani che passano tutti i palloni che vengono giocati dall’attacco, è lui che decide il tipo di azione che verrà svolta, se una corsa oppure un lancio(gioco aereo).
Il QB deve naturalmente conoscere alla perfezione gli schemi e le caratteristiche dei ricevitori a sua disposizione, a determinare la sua bravura sono la potenza e la precisione del braccio, la capacità di leggere la difesa, di lanciare con successo sotto pressione e la mobilità di gambe e la velocità, che permettono di lanciare in uscita dalla tasca ed eventualmente di portare la palla.


COME AVANZA IL PALLONE
Il pallone infatti può avanzare lungo il terreno in due modi.
Nelle azioni di corsa il pallone è portato avanti da un giocatore che, ricevuta la palla, corre cercando di guadagnare quanto più yard possibili.
Nelle azioni di passaggio(gioco aereo), invece, il pallone viene lanciato in avanti e il suo avanzamento viene considerato valido se un giocatore della squadra che attacca riesce a riceverlo “al volo” ed a mantenerne il possesso entro i limiti del campo.
Mentre nel caso di un’azione di corsa il QB deve limitarsi a consegnare il pallone nelle mani del runningback, il quale poi dovrà cercare di guadagnare terreno correndo con il pallone, è nell’azione di passaggio che il QB dà il meglio di sè, dando vita all’azione più spettacolare ed al tempo stesso più rischiosa del football americano.
Infatti quando il QB decide di lanciare il pallone ad un compagno di squadra deve, nel giro di poche frazioni di secondo, selezionare un compagno di squadra libero dalla marcatura degli avversari, cercare di sfuggire agli avversari che cercano di bloccarlo ed infine lanciare il pallone.
Solo se tutte tre queste azioni vengono svolte senza errori si può dire che il QB abbia compiuto fino in fondo il suo dovere.
Nel caso ciò non avvenga: nel migliore dei casi la palla rimbalza a terra generando un passaggio incompleto, ma nel peggiore dei casi il passaggio può essere intercettato da un giocatore della squadra avversaria generando così un cambio di possesso, se non addirittura un touchdown nel caso che l’intercetto venga riportato direttamente in end zone.
È possibile anche che il portatore di palla ne perda semplicemente il possesso, o a seguito di un placcaggio da parte di un avversario oppure, banalmente, solo perchè gli sfugge di mano.
In questo caso si parla di Fumble, e nel momento in cui il portatore di palla ne perde il possesso il pallone diventa recuperabile.
Chiunque dei giocatori in campo può allora riguadagnarne il possesso, catturandolo o semplicemente ricoprendolo a terra con il proprio corpo.
Se la palla viene recuperata da un attaccante allora la squadra in attacco mantiene il possesso di palla, il tentativo (down) in corso si conclude e può giocare il down successivo (a meno che il precedente non fosse stato il quarto ed ultimo down a disposizione).
Se il pallone viene invece ricoperto da un difensore, allora si verifica un Turnover e quindi un cambio di possesso: di conseguenza, come nel caso dell’intercetto, le due squadre si scambieranno i ruoli di attacco e difesa.
Come l’intercetto, anche un Fumble può essere riportato, finanche in end zone: questo capita se un difensore riesce a raccogliere il pallone senza ricoprirlo a terra, ma non viene fermato dagli avversari dopo averne conquistato il possesso.
In altre parole, quando avviene un turnover i giocatori vedono cambiare il loro ruolo “istantaneamente”; chi era in attacco deve improvvisamente trasformarsi in difensore, ed impedire agli avversari di segnare, mentre i difensori si trasformano in attaccanti e cercano di mettere punti sul tabellone. Solo al termine dell’azione le squadre possono procedere alla sostituzione dei giocatori.



OFFENSIVE LINE
Gli uomini di linea sono principalmente 5 e si schierano all’altezza della cosiddetta linea di scrimmage, cioè la linea immaginaria che attraversa tutto il campo e divide idealmente l’attacco dalla difesa: in pratica è la linea all’altezza della quale viene posizionato il pallone all’inizio di ogni singola azione, e dalla quale dovrà partire il suo avanzamento.
Superare questa linea nel caso di azione andata a buon fine comporta un guadagno territoriale, viceversa una perdita di yard.
La linea ha i fondamentali compiti di proteggere il QB nella situazioni di lancio e di bloccare per il corridore nei giochi di corsa.
E’ formata da un centro, da due guardie e da due tackles.

Analizzando la linea di attacco vediamo che i ruoli possono essere principalmente tre:
- Center (C): ruolo assegnato ad un unico giocatore, che si schiera al centro della linea di attacco
- Tackle (T): ruolo assegnato a due giocatori, uno a sinistra ed uno a destra del C, che prendono per questo il nome di Left Tackle (tackle sinistro) (LT) e Right Tackle (tackle destro) (RT).
- Guard (Guardia) (G): ruolo assegnato a due giocatori, uno a sinistra ed uno a destra del C, che prendono per questo il nome di Left Guard (guardia sinistra) (LG) e Right Guard (guardia destra) (RG)

Schieramento:
LT LG C RG RT

Questi giocatori hanno vari compiti da svolgere durante la partita.
In particolare il Centro è il giocatore preposto al cosiddetto snap, ovvero al movimento iniziale del pallone con il quale si dà il via all’azione di gioco vera e propria, passando il pallone al QB che poi la svilupperà.
Dopo lo snap il compito dell’intera linea di attacco è caratterizzato dal tipo di azione che l’attacco sta giocando.
Se si sta giocando un’azione di corsa agli uomini di attacco è richiesto di bloccare i difensori, proteggendo il portatore di palla nella sua corsa, e nel contempo di “aprire” la linea di difesa avversaria permettendo al compagno di squadra di trovare degli spazi attraverso cui correre.
Se invece è stata chiamata un’azione di passaggio gli uomini di linea devono in pratica proteggere il QB dandogli il tempo di effettuare il lancio, e prevenendo i tentativi di placcaggio che gli avversari cercheranno di realizzare.
Il placcaggio del QB è detto Sack e fa parte delle statistiche fondamentali di un buon difensore.


GIOCATORI DI CORSA: RUNNINGBACK
Vengono divisi in:
Halfback (HB)
Fullback(FB)

In entrambi i casi si parla comunemente di Runningback (RB).
Questi sono infatti i giocatori preposti all’azione di corsa: devono essere giocatori agili, ma al tempo stesso devono essere in grado di resistere a placcaggi particolarmente duri per cercare di guadagnare quella yard in più che può fare la differenza.
I due ruoli si distinguono innanzitutto per il loro posizionamento all’interno del backfield ma anche, in parte, per i ruoli ricoperti. Per quanto riguarda la posizione in campo, infatti, il FB è di norma situato subito dietro il QB, mentre l’HB si posiziona dietro il FB.
Generalmente è l’HB a portare il pallone (ed è per questo che è questo giocatore ad essere comunemente identificato con il termine Runningback), mentre il FB deve essenzialmente “scortare” l’HB cercando di bloccare gli avversari che cercano di placcare il portatore di palla.
È evidente quindi che la corporatura dei due giocatori è spesso diversa.
L’Halfback è più agile e scattante mentre il Fullback ha di norma un fisico più pesante essendo impiegato in azioni di bloccaggio oppure nelle cosiddette situazioni di “short yardage”, ovvero in quei casi in cui mancano pochi centimentri alla conquista del primo down e quindi usando il FB in un’azione di corsa di potenza per sfondare la linea di difesa si possono guadagnare quei centimetri necessari alla conquista del primo down e quindi al proseguimento dell’azione di attacco.


GIOCO AEREO: RICEVITORI
Wide Receivers (WR) sono i giocatori più agili e veloci della squadra.
Ad essi infatti è richiesto di correre rapidamente per il campo cercando di liberarsi della marcatura dei difensori e di ricevere l’eventuale passaggio proveniente dal QB.
Essi di solito corrono sul campo con delle traiettorie predefinite a seconda degli schemi, traiettorie che spesso si incrociano per mettere in difficoltà i difensori e permettere quindi ad uno o più dei ricevitori di liberarsi della marcatura dell’avversario, magari anche solo per frazioni di secondo, ma sufficienti al QB per selezionare il compagno libero e lanciargli così il pallone, ottenendo un guadagno di terreno.
Il compito dei ricevitori però non si limita a questo: essi sono importanti anche durante un’azione di corsa. Essendo infatti i giocatori più avanzati, i WR sono necessari per poter bloccare gli avversari e favorire quindi la corsa del proprio compagno di squadra.


TERMINE DI UN'AZIONE
Il termine di un’azione può verificarsi in diversi modi:
1) Il giocatore esce dal campo o è portato fuori
2) Il giocatore in possesso di palla viene placcato e messo a terra dagli avversari
3) il quarterback lancia un passaggio che non viene ricevuto da nessuno (passaggio incompleto)
una delle due squadre realizza una segnatura
4) Gli arbitri fischiano un fallo (penalità) gettando una flag(bandiera gialla)


CHI PUO' RICEVERE IL PALLONE?
Non ci sono solo i WR che possono ricevere palloni, ma anche gli Halfback e Fullback possono ricevere il passaggio del QB.
Gli uomini di linea invece non possono ricevere passaggi, a meno che non si sia dichiarato preventivamente all’arbitro l’intenzione di rendere eleggibile un giocatore, come può essere ad esempio il RT.
In questo caso l’arbitro avvertirà la squadra avversaria, che a sua volta dovrà decidere se mettere un marcatore in più sull’uomo di linea di attacco che sarà eleggibile per il passaggio in quella singola azione, oppure fare come se niente fosse confidando che si tratti di una azione diversiva architettata dalla squadra in attacco.
Per via della loro ineleggibiltà, gli uomini di linea offensiva non possono avanzare per più di 3 yards al di là della linea di scrimmage su un’azione di passaggio, se questo dovesse avvenire verrà comminata una penalità alla squadra in attacco.


TIGHT END
Un ultimo ruolo che va analizzato per quanto riguarda l’attacco è quello del Tight End (TE).
Il TE si può immaginare come una specie di jolly che l’attacco può schierare; infatti egli si schiera su un lato della linea di attacco, all’estremo di essa (da qui il suffisso “end” nel nome del ruolo) stabilendo così il cosiddetto lato forte o strong side della linea di attacco.
Il TE ha principalmente il compito di bloccare gli avversari però, a differenza di un nomale uomo di linea, il TE è sempre eleggibile per il passaggio e quindi se viene chiamata un’azione di passaggio il TE può benissimo avanzare in profondità allontanandosi dalla linea di scrimmage per andare a ricevere il pallone.


FORMAZIONE
Pertanto la formazione base dell’attacco può ora essere schematizzata in questo modo:

WR LT LG C RG RT TE WR
QB
FB
HB

Questa è la formazione base, la quale può essere modificata a seconda della situazione di gioco.
L’unica regola da rispettare nelle formazioni offensive è che al momento dello snap ci devono essere almeno sette giocatori sulla linea di scrimmage.
Detto questo, sono quasi infinite le possibili disposizioni di partenza di una squadra, alcune sono più indicate per i giochi di corsa, altre sono il segnale che una squadra sta per lanciare in profondità.

1) Standard Pro Set: è la disposizione più classica e neutra, viene utilizzata per ogni tipo di gioco.
I running backs si posizionano ai fianchi del quarterback e, in caso di lancio, uno esce per ricevere e uno va a bloccare sulla linea.

2) The I Formation : i due running backs si schierano in linea alle spalle del QB.
Questa disposizione è usata principalmente per i giochi di corsa: la difesa deve capire a chi andrà il pallone e da che lato si svilupperà l’azione di corsa.

3) La Shotgun Formation viene usata esclusivamente per i giochi di passaggio.
Il QB si posiziona a circa sette yards dalla linea di scrimmage, questo per avere più tempo e più spazio per cercare di servire un ricevitore (nella shotgun ce ne sono, solitamente, almeno tre sul campo).

4) Short-Yardage Formation: è utilizzata quando un attacco deve guadagnare una yard o meno di una yard per chiudere il down o per segnare un touchdown.
In questo caso la linea si rinforza per permettere al running back o al quarterback stesso di sfondare centralmente.


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giovedì 15 gennaio 2015

Lo Scandalo Spygate Dei New England Patriots (2007)

Le regole della NFL parlano chiaro: durante le partite nessun apparecchio di registrazione video può essere in funzione nello spazio riservato all’allenatore, sul campo e negli spogliatoi.
Tuttavia nel 2007, i New England Patriots finirono nell'occhio del ciclone con lo scandalo Spygate.
Infatti un membro dello staff(Matt Estrella) venne accusato di aver ripreso i segnali dell’allenatore dei New York Jets durante la partita di apertura della stagione.
La NFL, dal canto suo, sequestrò una videocamera e un nastro ed avviò le indagini.


MULTE E PENALIZZAZIONI
I New England Patriots vennero multati di 250 mila dollari e il coach Belichick punito addirittura con un'ammenda di 500 mila(la più alta per un allenatore dopo 87 anni di storia) per aver appunto spiato i segnali difensivi utilizzati dai New York Jets, affrontati e battuti 38-14 nella gara d'esordio della regular season.
Inoltre dovettero rinunciare ad una delle due scelte nel draft.

"Questo episodio rappresenta un calcolato e deliberato tentativo di aggirare consolidate norme che sono state fissate per favorire il fair play e per promuovere un'onesta competizione sul campo" disse il commissioner Roger Goodell in una lettera inviata a New England.

Le norme prevedono infatti che i video utilizzabili dallo staff tecnico vengano realizzati con telecamere collocate in locali "chiusi da tutti i lati e coperti da un tetto", vietato quindi aggirarsi sulle side line dei campi con una videocamera.
Come detto la franchigia del Massachussets pagò dazio anche nel successivo draft.
La postilla era questa: "Se i Patriots arriveranno ai playoff, dovranno rinunciare ad una delle due scelte che gli spetterebbe nel primo giro, se invece non dovessero qualificarsi perderebbero le scelte nel secondo e terzo round".
I Patriots poi arriveranno al Super Bowl perdendo però contro i Giants 17-14.


NASTRI DECISIVI?
L'ex Miami Dolphins coach Don Shula, che allenò la squadra del 1972 che deteneva il record per quanto riguarda la "stagione perfetta", commentò la questione quando gli stessi Patriots erano a soli sette vittorie dalla stagione regolare perfetta, dicendo: "La questione Spygate ha diminuito quello che stanno facendo, è un po' come l'asterisco che venne inserito su Barry Bonds".
Tuttavia secondo la decisione della federazione, l'irregolarità commessa dallo staff di New England non ha influenzato il risultato finale della partita disputata.
Infatti il 16 settembre, Goodell ordinò ai Patriots di consegnare tutte le note, nastri e altri materiali relativi alla questione, minacciando ulteriori sanzioni se i Patriots avessero fatto resistenza.
Il 20 settembre, la NFL annunciò di aver ricevuto e distrutto il materiali richiesti.
In una conferenza stampa, Goodell rivelò il contenuto dei materiali, dicendo che c'erano sei nastri dalla fine della stagione 2006 a la preseason 2007.
L'ex Jets Eric Mangini head coach nel 2012, a 5 anni dal fattaccio, disse "Penso che quando si guardano ai successi dei Patriots dopo quell'incidente, è abbastanza ovvio che non ha giocato nessuna tipo di ruolo significativo nelle vittorie".
Dopo la stagione 2011, i Patriots ebbero il miglior record della NFL dallo Spygate in poi, ovvero fecero registrare un 48-16 dal 2008 al 2011 (i Pittsburgh Steelers e New Orleans Saints erano secondi con 45-19).


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lunedì 12 gennaio 2015

La Rivalità Tra Don Revie e Brian Clough (Dirty Leeds e Derby County)

Il Leeds Utd nasce nel 1919 dalle ceneri del Leeds City che prende parte al campionato di seconda divisione, in cui milita senza grande fortuna sino al 13 ottobre 1919, quando viene espulso dalla Football Association per pagamenti irregolari.
Tra gli altri è coinvolto il tecnico Herbert Chapman.
Nello stesso anno viene fondato il Leeds United che esordisce ufficialmente il 28 agosto 1920 contro il Port Vale.
Tralasciamo gli anni seguenti e spostiamoci agli anni 60, argomento di quest'articolo.
L'epoca di Don Reviee in seguito di Brian Clough.
Nei tanti modi con cui si può passare alla storia, Don Revie scelse quello più scomodo.
Vincere facendosi odiare.


L'EPOCA DI DON REVIE
Non tutti i personaggi del mondo del calcio sono passati alla storia per essersi fatti amare.
La maggior parte ha lasciato un ricordo indelebile incantando numerose platee con giocate di fino, altri si sono fatti apprezzare per qualità umane e morali dentro e fuori dal campo, altri ancora hanno mostrato comportamenti eccentrici e controversi che hanno attirato le simpatie di molti.
Ma c’è anche chi è entrato nella storia dalla porta secondaria, costruendosi la pessima reputazione di persona odiata ai più.

Proprio come Don Revie, meglio noto come Don Revie, che tra gli anni ’60 e ’70 conquistava trofei in lungo e in largo con il suo Leeds.
Lo stesso che Brian Clough, suo nemico giurato, definì più volte “Dirty Leeds”, squadra che faceva della scorrettezza e della totale assenza di fair play il suo marchio di fabbrica.
Don Revie nacque nel 1927 a Middlesbrough da una povera famiglia, rimanendo orfano di sua madre Margaret all’età di soli 12 anni.
La sua carriera calcistica iniziò con il Leicester City nel 1944.
Nel marzo del 1961 svolse il doppio ruolo di allenatore-giocatore, per poi appendere definitivamente le scarpette al chiodo l’anno seguente.
In qualità di manager, Don Revie raggiunse la promozione in First Division al termine della stagione 1963-64 e al primo campionato in massima serie sfiorò il double perdendo la finale di FA Cup e il titolo nazionale per differenza reti in favore del Manchester United.


IL LEEDS DI RON REVIE
Nei 9 anni da allenatore, Revie si costruì attorno una vera e propria famiglia, composta di giovani ed emergenti calciatori come Norman Hunter, Peter Lorimer, Jimmy Greenhoff , Gary Sprake , Paul Reaney , Paul Madesimo , Billy Bremner , Eddie Gray , Terry Cooper e  Jack Charlton.
La sua squadra veniva sottoposta a impegnativi programmi di formazione, comprendenti anche ferree diete alimentari.
Nei primi anni ’60 furono messi sotto contratto Johnny Giles, proveniente dal Manchester United, e Bobby Collins dall'Everton, formando l’ossatura di quel club che diede inizio al prosperoso “regno di Revie”, ottenendo notorietà sia a livello nazionale (vincendo due campionati, una FA Cup e una Coppa di Lega), sia a livello internazionale, conquistando due edizioni della Coppa delle Fiere (1967-68 e 1970-71), raggiungendo nel 1973 la finale di Coppa delle Coppe e nel 1970 le semifinali di Coppa dei Campioni.
Don Revie riuscì a sviluppare uno stretto rapporto di lavoro e di fiducia con il presidente Harry Reynolds, ansioso di far divenire il Leeds in una potenza calcistica.


LE SCORRETTEZZE DEL DIRTY LEEDS
I risultati furono sotto gli occhi di tutti: i Whites divennero infatti una delle squadre più blasonate d'Inghilterra, ma a molti non andava giù la totale assenza di fair play che i giocatori mostravano in campo.
Il Leeds di Revie era noto per le loro scorrettezze, la violenza nei tackle e per la facilità nel minacciare gli arbitri a brutto muso.
Don veniva inoltre accusato di corrompere gli avversari: nel 1972, per esempio, cercò insieme al capitano Billy Bremner di convincere il Wolverhampton a perdere la partita per permettere alla sua squadra di aggiudicarsi il campionato.
Nonostante colpi proibiti di ogni tipo e comportamenti scorretti, molto spesso il Leeds e Don Revie riuscivano a farla franca.


LA RIVALITA' CON BRIAN CLUGH E IL DERBY COUNTY
Tanti non sopportavano il modo di giocare della sua squadra, ma ce n’era uno in particolare che era diventato il nemico giurato di Don Revie e del "Dirty Leeds": il suo nome era Brian Clough.
La loro rivalità si formò quando Clough allenava il Derby County e raggiunse l’apice nel 1974(come vedremo in seguito), in occasione di un dibattito che li vide protagonisti in uno studio televisivo.
L’astio tra i due era ormai diventato una questione non più personale, ma di carattere nazionale.
Le partite tra Rams e Whites, come detto, divennero in breve tempo occasione per i due manager di punzecchiarsi a vicenda e ribadire l’uno la superiorità sull’altro.
Chi visse peggio questa faida fu Clough, che non tardò a prendere la questione con il Leeds United sul personale, intravedendo in Don Revie una vera e propria ossessione con cui fare continuamente i conti.
Con il suo carisma ed il suo modo molto innovativo di giocare a calcio, Brian Clough portò il Derby alla conquista della Seconda divisione nella stagione 1968-1969.
Un anno prima avvenne il suo primo incontro con Don Revie.
Successe che il Leeds (prima divisione) dovesse affrontare il Derby County in un turno della FA Cup.
Brian era eccitato al punto che fece mettere apposto tutto il terreno del modesto stadio del Derby.
La cosa che lo irritò fu quando al momento dell'arrivo allo stadio, da parte del Leeds, Don Revie non rivolse nemmeno uno sguardo ed una stretta di mano a Brian Clough.
Il risultato della partita fu un netto 0-2 a favore del Leeds, ma a Clough bruciò molto per il comportamento scorretto sul campo dei calciatori del Leeds e del suo manager. La stagione successiva con l'acquisto dell'allora famoso McGovern conquistò la promozione in prima divisione e nel 1971-1972 arrivò a vincere la massima serie inglese all'ultima giornata ai danni proprio del tanto Odiato Leeds.


LA TATTICA DI CLOUGH
Clough usava regolarmente il termine "tattica" in modo sprezzante, per lui questo termine aveva solo connotazioni negative, ovvero il fatto di pensare a fermare gli avversari piuttosto che a pensare come far giocare la propria squadra.

"Mi sono concentrato al 90% su come giocava la mia squadra"

Sebbene di solito colpisse l'indifferenza nei confronti degli avversari, si sa che metterne 11 in campo a caso, non ha senso quindi ci sono stati momenti in cui prese provvedimenti specifici per contrastarli. Alan Durban, ad esempio, una volta ricevette istruzioni specifiche per tagliare i palloni che partivano da Mike Bailey ed arrivavano all'ala sinistra David Wagstaffe in una partita tra Derby e Wolves. Nel finale di Coppa Campioni del 1980 contro l'Amburgo, Clough guidava il Nottingham Forest e perso Trevor Francis (per infortunio), Clough decise di schierare Lee Mills come quinto centrocampista, contribuendo a soffocare Kevin Keegan.
Il suo schema variava dal 4-3-3 al 4-4-2.
Peter Taylor ha sempre insistito sul fatto che lui e Clough discutevano regolarmente di tattiche, e fin dai loro primi giorni da giocatori con il Middlesbrough. Uno dei loro grandi doni era la loro capacità di ridurre queste nozioni in semplici istruzioni. Non credevano nel disegnare diagrammi sulle lavagne e certamente, a differenza di Revie, non distribuivano dossier sugli avversari.

Taylor: "Sottolineerei la necessità di mantenere la palla e passarla in avanti ogni volta che è possibile. Sembra semplice, anzi era semplice, ma era anche un chiaro manifesto tattico"

La concezione del gioco di Taylor era stata ispirata dalla vittoria per 6-3 dell'Ungheria sull'Inghilterra a Wembley nel 1953 e poi vedendo la squadra brasiliana del Santos giocare un'amichevole contro Sheffield Weednesday nel 1962 lo convinse dell'importanza di schierare terzini offensivi.
Ciò lo portò a far firmare David Nish del Leicester City perché si sentiva a suo agio ad avanzare con la palla. Viv Anderson ha continuato il tema a Forest.

"La capacità di comandare lo spazio è vitale in un buon sistema difensivo. Con questo intendo dire che un giocatore che è da solo quando gli avversari hanno la palla deve essere di leggere la partita, a seconda delle situazione. Poi c'è la possibilità di giocare la palla con precisione. Al Derby ce l'hanno tutti. È essenziale perché il gioco deve fluire. Crediamo nel portare palla da dietro. Non vogliamo che i nostri attaccanti abbiano palle alte che diventano impossibili da controllare"

Niente di tutto ciò richiede diagrammi complessi o lunghe spiegazioni per i giocatori, ma è comunque tattica. Teddy Sheringham ad esempio ascoltando Clough durante una partita si rese conto dell'importanza di un centravanti che tiene la palla per alleviare la pressione sulla sua difesa, piuttosto che tentare azioni offensive. Ancora una volta, solo perché Clough non stava scarabocchiando su una lavagna non significa che non stesse impartendo istruzioni tattiche.


LE ACCUSE DI CLOUGH  ALLA JUVENTUS (1973)
Nel 1973 il Derby County affrontò nella semifinale di Coppa Campioni la Juventus.
”...Mezz’ora prima del calcio d’inizio Peter (il fidato collaboratore di Clough) irrompe nello spogliatoio rosso in faccia gridando: “Haller, la loro riserva, è di nuovo nello spogliatoio di quel cazzo di arbitro. L’ho appena visto entrare. E’ già la seconda volta, e parlano in fottuto crucco”.
“Lascia perdere” gli dico potrebbe essere qualsiasi cosa”.
“Col cazzo, grida Pete, Haller è un tedesco di merda e lo è anche quel cazzo di arbitro, Schulenberg.
Non è giusto. Te lo dico lo, stanno tramando qualcosa”.
“Lascia perdere pensiamo alla partita e al gioco”.
Semifinale di andata della Coppa dei campioni, 11 aprile 1973.
“Sporchi, sporchi bastardi” sta dicendo Pete. Lo sta dicendo prima ancora che ci sediamo in panchina, prima ancora che si sia giocato un solo pallone.
Per i primi 20 minuti incassiamo le entrate in ritardo, le magliette tirate, le astuzie di ogni genere.
Non fanno che buttarsi a terra sotto gli occhi dell’arbitro, cazzo.
Le ostruzioni, gli sgambetti, le trattenute.
“Sporchi simulatori, truffatori, bastardi italiani del cazzo”.
Poi Furino mette un gomito in faccia a Gemmil.
Archie reagisce, appena leggermente, ed ecco che Gemmil finisce sul taccuino dell’arbitro.
“Vaffanculo, arbitro! e quello stronzo di Furino?” urla Pete.
Roy Mc Farland salta per contendere un pallone alto a Cuccureddu. Le teste di Mc Farland e Cuccureddu si scontrano.
Mc Farland, il nostro capitano, viene ammonito.
“Per cosa? Per cosa, cazzo? Per un cazzo di niente. Niente!”.
Gemmil ammonito. Per niente. Mc Farland ammonito. Per niente.
Da quel culo rotto del loro amico arbitro crucco del cazzo.
Con Gemmil e Mc Farland diffidati nel turno precedente, questa è proprio la cosa che volevi evitare.
Adesso i due nostri uomini più importanti saranno squalificati per il ritorno, proprio la cosa che volevi evitare.
“E loro lo sapevano, lo sapevano eccome, cazzo!”.
Pete aveva visto giusto.
Altafini porta la Juve in vantaggio, ma poi pareggia Hector. 1 a 1 !!!!!!
Salvadore e Morini battuti, Zoff con il culo per terra, e lo stadio Comunale ammutolito, le bandiere bianconere afflosciate.
Si va all’intervallo.
Haller, la riserva, si alza dalla loro panchina e scende nel tunnel assieme a Schulenberg, l’arbitro.
“Guarda là si può essere sfacciati così?” dice Pete.
E poi corre giù dal tunnel dietro di loro.
“Scusatemi signori io parlo tedesco. Vi dispiace se ascolto?” urla.
Ma Haller inizia a colpire Pete nelle costole, chiamando a gran voce gli addetti alla sicurezza, che spingono Pete contro il muro del tunnel e lo tengono fermo lì.
Io non posso intervenire, cerco di fare in modo che la squadra non sia coinvolta nel parapiglia, entro con i giocatori nello spogliatoio, è qui che mi guadagno da vivere.
“Questa è gente da terza divisione basta che manteniate la calma” dico alla squadra.
Ma è qui che le cose vanno storte, pensando a Pete contro il muro.
Pete immobilizzato, Pete che ha perso la calma.
Difendersi sull’ 1 a 1? Attaccare sull’ 1 a 1?
Ma il Derby County non si difende ne attacca. Hanno tutti perso la calma.
Fino a quando Roger Davies esplode e dà una testata a Morini: espulso.
Segnano Causio e Altafini, finisce 3 a 1 per loro, ed ecco le loro bandiere sventolare.
Bianconere. Fottutamente bianconere.
I truffatori non dovrebbero vincere mai.
“Maledetti bastardi truffatori, non parlo con dei bastardi truffatori!” urlò ai giornalisti.
Ma ormai è tardi sei fuori dalla coppa.
Odi la Juventus.
Odi la Vecchia Fottuta Signora di Torino.
La Puttana d’Europa.
Ricorderai il suo fetore, il suo tanfo, lo ricorderò per il resto dei tuoi giorni.
Il fetore della corruzione, il tanfo del marciume.
La fine di ogni bene, l’inizio di ogni male.
Non ti consola che la Juve venga poi battuta 1 a 0 dall’Ajax nella finale di Belgrado.
Non ti consola che l’arbitro portoghese, Francisco Lobo, racconti all’Uefa del tentativo di corromperlo, dell’offerta di 5000 dollari e una Fiat che ha ricevuto per farli vincere la partita di ritorno. Non ti consola che cinque anni fa perdevate in casa contro l’Hull City davanti a 15.000 persone, sedicesimi in seconda divisione.
Non ti consola un cazzo di niente.
Non può esserci consolazione.
La Juventus vi ha steso e derubato, la Vecchia Puttana vi ha sottratto con l’imbroglio al vostro destino, la Coppa dei campioni.
Questi episodi saranno sempre con te, non ti lasceranno mai. Ancora ti perseguitano e ti braccano, e ti braccheranno per sempre.
La fine di ogni bene, l’inizio di ogni male.
Torino, Italia, aprile 1973 ”


I CONTRASTI SOCIETARI E LE DIMISSIONI DAL DERBY
Nel frattempo, le quotazioni della coppia Clough-Taylor al Derby County iniziarono a calare presso la dirigenza per via dei contrasti tra il manager e il presidente Sam Longson e per il ruolo non ben definito di Taylor nel management del club.
Questi dissidi portarono i due a rassegnare le dimissioni e a provare la successiva esperienza nel modesto Brighton & Hove Albion, club di Third Division.
Sembrava che la nuova avventura potesse aiutare Clough a dimenticare l’astio e l’avversione nei riguardi di Don Revie, ma la sua esperienza fu breve, avara di soddisfazioni e conobbe il capolinea dopo un solo anno sulla panchina dei Seagulls.
Fu la svolta che segnò il resto della sua vita e che esasperò la rivalità con Don Revie.


CLOUGH PRENDE IL POSTO DI REVIE AL LEEDS
Taylor rimase alla guida del Brighton in qualità di allenatore, prendendo il posto dell’amico, mentre Clough nell’estate del 1974 prese una decisione passata alla storia: il Leeds United, proprio quella squadra tanto detestata, era rimasto orfano di Don Revie, passato ad allenare la nazionale inglese, e propose la panchina a Clough.
Una scelta davvero incomprensibile, come lo fu ancor di più la decisione del manager di accettare l’offerta.
Il 20 luglio 1974 iniziò così la sua avventura nel nuovo club, durata soli 44 giorni, nei quali il nuovo allenatore dovette convivere perennemente con il fantasma del predecessore e la continua reverenza che i suoi ex giocatori continuavano a tributargli.

“Signori, tanto vale che ve lo dica subito. Voialtri potete anche aver vinto tutti i trofei nazionali e qualcuno di quelli europei, ma per quanto mi riguarda la prima cosa che potete fare per me è prendere tutte le vostre medaglie e tutte le vostre presenze in nazionale e tutte le vostre coppe e tutte le vostre targhe e buttarle nel più grosso fottuto cestino che riuscite a trovare, perché non ne avete vinta nemmeno una onestamente. Lo avete fatto sempre giocando sporco, cazzo”

Questo fu il biglietto da visita con cui Clough si presentò alla squadra nel giorno del primo allenamento, chiarendo fin da subito tutti i sentimenti che provava verso quel club.
Durante questa sua brevissima permanenza volle imporre la propria disciplina, introducendo anche un nuovo stile di gioco: palla bassa, fraseggio, tecnica, spettacolo.
Tutto il contrario del football Revieano che del lancio lungo e della durezza faceva il proprio credo.
Clough si inimicò dal primo giorno l’intero ambiente, dai giocatori alla dirigenza fino ad arrivare alla tifoseria che dopo un disastroso inizio della stagione 1974-75 diede vita a feroci contestazioni nei suoi confronti.
Il disprezzo che provava nei confronti della squadra, l’abitudine a condurre trasferimenti senza consultare i vertici della dirigenza e i pessimi risultati maturati dopo sole 7 partite, indussero il presidente del Leeds a sollevarlo dall’incarico.
Clough pareva essere uscito sconfitto dal duello a distanza con Don Revie, incapace di percorrerne le orme ed esonerato dopo appena un mese e mezzo sulla panchina di Elland Road.
Eppure, in occasione di un dibattito in uno studio televisivo nel 1974, Clough ottenne la propria rivincita, avvalendosi dell’uso di quella che fino a quel momento era stata un’arma a doppio taglio: la piena sicurezza in se stesso.
Il loro astio non era più nemmeno una questione personale, ma ormai di carattere nazionale.
Dopo tanti duelli sul campo e anni passati a vedere il Leeds sollevare trofei, Clough concluse quell’incontro pronunciando una frase che si rivelò essere vera: “Vedremo dove saremo tra un anno e poi tra cinque anni Don”.
Clough ci vide giusto:  in quel lasso di tempo infatti Don Revie fallì con la nazionale inglese e se ne andò a chiudere la carriera da allenatore negli Emirati Arabi, mentre Clough prese dalla Second Division il Nottingham Forest e lo portò laddove nessuno era mai riuscito prima, scrivendo una delle più belle imprese nella storia del calcio fatta di: un titolo nazionale, 2 Coppe dei Campioni consecutive, un Charity Shield, 4 Coppe di Lega, una Supercoppa UEFA, 2 Full Members Cup e una Coppa Anglo Scozzese.


LA MORTE DI DON REVIE (1927-1989)
Don Revie spirò a Edimburgo il 26 maggio 1989 di sclerosi laterale amiotrofica, e dopo la morte si inasprirono le critiche nei suoi confronti.
Negli anni successivi, però, la sua figura fu rivalutata tra mille polemiche e venne considerato come uno dei migliori allenatori nella storia calcistica britannica, tanto da venire introdotto nel 2004 nella Hall Of Fame del calcio inglese.
Tuttora i tifosi del Leeds ed alcuni dei suoi ex giocatori continuano a venerarlo, tanto che una tribuna dell’Elland Road porta oggi il suo nome.
Sono passati ormai decenni dalle atmosfere cupe e dai campi fangosi degli anni ’70, eppure la figura di Don Revie continua ad essere oggetto di dibattito e discussione. Nonostante le critiche e le antipatie  che lo hanno accompagnato in vita, il suo curriculum parla da solo: 8 trofei conquistati in 13 anni sulla panchina del Leeds non sono poca roba, considerando che i Peacocks vissero sotto le sue direttive la loro epoca più gloriosa e vincente.
Il suo dualismo con Brian Clough fa parte della leggenda e proprio dalle parole del compianto Brian emerge il rapporto di due uomini tanto uniti dal calcio, quanto divisi dal loro modo di intendere lo stesso:
"Perché non esiste una squadra in tutta l'Inghilterra, non esiste una squadra in Europa, che non voglia battere Don Revie e il Leeds United. Neanche una. È il sogno di tutti, giocare contro Don Revie e il Leeds United e battere Don Revie e il Leeds United. Io non sogno altro, giocare contro Don Revie e il Leeds United e battere Don Revie e il Leeds United".


LA MORTE DI CLOUGH (1935-2004)
Clough invece morì con un tumore nel 2004, a 69 anni, quando le polemiche dopo le dichiarazioni su Justin Fashanu(primo giocatore a dichiararsi omosessuale e passato a Nottingham, da lì i contrasti con Clough) non si erano ancora placate.


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