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martedì 8 dicembre 2015

Una Franchigia NBA A Las Vegas? I Conti Si Fanno Con Il Gioco D'Azzardo

Las Vegas è una città che la NBA non l'ha mai vissuta.
Las Vegas nell'immediato futuro potrebbe avere una franchigia ma tutto dipende da ciò che accadrà in Wisconsin.
Infatti, i Milwaukee Bucks potrebbero avere problemi per quanto riguarda il palazzetto.
L'attuale struttura che ospita le "Alci" è la BMO Harris Bradley Center, da circa 18 mila posti.
Il proprietario della franchigia vuole costruire un nuovo impianto e se questo non avverrà per la stagione 2016/17, sarebbe pronto a richiedere alla lega lo spostamento del team a Las Vegas o Seattle.
Nel caso invece non ci saranno problemi con le tempistiche del nuovo palazzetto, sarà molto difficile che nell'immediato la NBA possa approdare a Las Vegas.
Per la verità, questo era sempre stato il sogno dell'ex commisioner David Stern ed uno degli obbiettivi di Adam Silver quindi sembrano esser passati secoli da quel 1999 in cui la NBA sbattè la porta in faccia al sindaco Oscar Goodman.
Niente NBA nella "Sin City" per eccellenza: gioco d'azzardo e criminalità troppo elevata.
Del resto, cosa potevano attendersi da una città che ha come slogan: "What happens in Vegas Stays in Vegas"?
Tra l'altro, il sindaco Oscar Goodman, ex avvocato notoriamente noto per aver difeso famiglie mafiose in passato e per essersi costruito da zero avendo un'80ntina di dollari in tasca nei primi anni 60.


LAS VEGAS E IL BASKET NBA
Non che Las Vegas però sia avara di pallacanestro.
Basta dire che nel 2007 la città ospitò l'All Star Game (il primo organizzato in una città senza franchigia NBA) e dal 2006 si tiene la Summer League.
Summer League ospitata nel Thomas & Mack Center: arena aperta nel 1983 e che può ospitare 19.000 spettatori.
Invece la Las Vegas Arena di nuova costruzione dovrebbe poter ospitare 22.800 spettatori.



GIOCO D'AZZARDO
Il principale problema di Las Vegas è la sua stessa essenza e ragione di esistere: il gioco d'azzardo.
Solo nella Las Vegas Strip ci sono una ventina di (grossi) Casinò, molti dei quali, neanche a dirlo, fondati da mafiosi.
Su tutti Bugsy Siegel.
Che tra racket, affari sporchi, omicidi ed altro, fondò il Flamingo (casinò di 7200 metri quadrati con tanto di albergo di oltre 3600 stanze).
Sin da quando la città si è espansa e da sola meta turistica è diventata una vera e propria metropoli con più di 1 milione di abitanti, il grande ostacolo da superare è stata la non-inclusione delle partite di NBA nei "menu-scommesse" dei casinò e degli allibratori.
Cioè il discorso inizialmente era: o scommesse o franchigia, per dirla breve.
Il sindaco Goodman, si è già riunito con i proprietari dei casinò e gli allibratori per cominciare a preparare la strategia per trattare con la NBA e raggiungere un compromesso.
Bisogna comunque considerare che al giorno d'oggi si può scommettere su centinaia di siti Internet e che quindi togliere le scommesse sulla NBA dai casinò di Las Vegas non sarebbe certo la soluzione a questo problema.
D'altra parte, come dicevamo prima, il richiamo del dollaro proveniente dal deserto del Nevada è sempre più forte e arriverà  un momento in cui non si potrà  più dire di no.
Un'altra soluzione potrebbe essere togliere soltanto le partite della franchigia cittadina, una soluzione intermedia.
Tra le righe si può leggere chiaramente che le scommesse non sono più un ostacolo così grande per l'arrivo di una squadra a Las Vegas.


CONSIDERAZIONI GENERICHE
Il Nevada non ha tasse sul reddito e l’IVA è all’8,1%.
Più di 40 milioni sono i visitatori annui.
Ma anche qui in mezzo al deserto è arrivata la crisi.
Una ricerca condotta dalla banca d’affari Merrill Lynch, rivela che negli ultimi quindici anni le somme giocate nei casino di Las Vegas sono progressivamente calate di quasi il 25 per cento.
Al mitico, leggendario Caesar Palace, ci sarebbero 18 miliardi di passivo ed i libri sono stati portati in tribunale.


CRIMINALITÀ
Se il gioco d'azzardo è stato e sarà comunque un punto focale della questione, certo non è possibile lasciarsi sfuggire qualcosa ad esso collegato: la criminalità .
Non se ne sente parlare spesso o almeno non se ne sentiva parlare prima dell'All-Star, ma la verità  è che Las Vegas è una città da tenere d'occhio.
Ok non stiamo parlando di Detroit, di Oakland, di Chicago, di Memphis, di St.Louis, di Atlanta, Milwaukee o Cleveland ma Las Vegas non si piazza poi malissimo dopo le solite note.
"A Las Vegas non c'è polizia per strada" sosteneva Al Harrington in un' intervista, raccontando della sua vacanza estiva nella città  del peccato.
Per quanto sorprendente possa sembrare, è una sensazione che hanno avuto quasi tutti coloro che hanno messo piede in città  nei giorni intorno all'All-Star.
"La città  ha sbagliato a non riempire le strade di poliziotti o guardie di sicurezza, sperando che tutti si comportassero bene", scriveva Bill Simmons, giornalista della ESPN.
"Non si tratta del colore della pelle o della musica che c'era in giro" scriveva Brian Windhorst nel 'Cavaliers Blog' "il problema era la mancanza di legge, gente che fuma erba nei corridoi degli hotel, camminare tra la folla in un casinò e sentire varie conversazioni su vendita di droga, uomini che molestano donne sconosciute, persone che mostrano pistole in pieno giorno…" e il giornalista non si fermava qua: "Non c'era polizia in giro che potesse arrestare nessuno per qualsiasi crimine".
Anche i giocatori non si sentivano troppo comodi a Las Vegas.
"Mi sentivo molto insicuro" affermava Rafer Alston, play degli Houston Rockets "non lasciavo l'hotel a meno che non fosse per andare a qualche evento specifico, non uscivo nemmeno per mangiare. Era l'atmosfera in generale che non dava buone sensazioni".
Gangstar ed affari un po' loschi, rimangono all'ordine del giorno.
Il sindaco Goodman, prima dell'evento citato (il già citato All Star Game di 8 anni fa) aveva fatto una dichiarazione d'intenzioni: "Non permetterò a qualche 'gang-banger' di rovinare la festa", poi è vero che non successe niente ma appunto le impressioni non furono delle migliori.


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