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domenica 1 novembre 2015

La Storia Di Aaron Hernandez e I Tre Omicidi

Aaron Hernandez nasce il 6 Novembre 1989, figlio di emigranti, Dennis, portoricano e Terry Sanvalentino, origini italiane.
Visse a Bristol, nel Connecticut e, come tanti atleti della NFL, è cresciuto alla dura scuola della strada.
Scontri tra gang, scazzottate e lame ben in evidenza, per farsi rispettare.
Proprio come papà Dennis, che si faceva chiamare The King, il re, e non certo per il suo fare aristocratico.
Era bravo negli sport papà Dennis ma eccelleva soprattutto negli scontri.
Ebbe guai giudiziari, inevitabilmente.
Ma poi Dennis cambiò quando divenne padre: mise la testa a posto.
E ad Aaron cercò di insegnare da subito che bisognava impegnarsi a fondo nella vita per eccellere e uscire fuori dalle sabbie mobili della precarietà, indicandogli proprio la strada dello sport.
Hernandez lo ascoltava e seguiva.
Il resto venne da sé: un talento fisico naturale e i primi successi.
Ma quando ha appena compiuto 16 anni quel punto di riferimento viene a mancare.
Un banale intervento chirurgico, forse un errore del medico, complicazioni serie e Dennis muore.
E' forse qui che Aaron si è definitivamente perso, lasciando spazio a un mostro che cresceva, in silenzio, abilmente nascosto, pronto a saltar fuori quando, invece, tutto sembrava andare per il meglio.


LA CARRIERA IN NFL
Rivelatosi subito un formidabile ricevitore in high school e nel college poi con i Florida Gators, Aaron viene scelto al quarto giro del draft del 2010 dai New England Patriots.
La fama che si porta dietro non è delle migliori: si dice che irrequieto, ha dribblato qualche test sull’uso di narcotici, marijuana in primis, ma nulla comunque che lasci immaginare che razza di mostro si nasconda in lui.
1.85 m per 11 kg di muscoli, forza, agilità, rapidità e ottime mani, Aaron fa bene da subito nel team della super stella Tom Brady.
Primo anno positivo con 45 ricezioni per 563 yard e sei touchdown in 14 partite giocate.
L’anno seguente con New England arriva fino al Super Bowl, sconfitto dai New York Giants.
Hernandez viene convocato per il Pro Bowl.
Il 2012 è segnato da un brutto infortunio a una caviglia.
Resta fuori a lungo e i Patriots si accorgono di quanto sia importante quando non c’è.
Rientra ed è un’altra musica, ma New England questa volta arresta la sua corsa davanti ai rivali di sempre, gli ispiratissimi Baltimore Ravens dell’ultimo Ray Lewis e della rivelazione Joe Flacco.
Hernandez ormai è un campione.
Così i Patriots gli fanno firmare un mega contratto.
E’ il 27 agosto.


I VARI OMICIDI
Quando firmò il ricco contratto, Aaron era già un’anima persa e disperata.
Inquinata dalla violenza e dalla furia omicida. Squarciata dall’odio.
Esattamente due mesi prima, secondo la ricostruzione giudiziaria del procuratore distrettuale, l’altro Hernandez, il mostro che lo abita, ha compiuto un duplice omicidio.
Aaron puntò la sua pistola contro Daniel De Abreu e Safiro Furtado. E li uccise.
Nella città che lo ammirava per l'atletismo e il talento: Boston.
Un anno dopo, infatti, avrebbe ucciso ancora.
Così racconta in una nuova e raggelante ricostruzione il procuratore distrettuale Daniel Conley.
Un giovane giocatore dilettante di football, Odino Lloyd, viene crivellato di colpi.
Qualche settimana dopo la polizia perquisisce la casa del campione.
Per lui è l’inizio della fine.
La cattura, il carcere, lui in manette che nega di aver ucciso Lloyd, il giudice che non gli crede.
Poi le prove, i video, le testimonianze che lo stringono all’angolo.
La NFL che lo molla, come i suoi Patriots, sconcertati e inorriditi di avere condiviso campo e spogliatoi con un mostro travestito da campione.
Lo scorso 25 Febbraio 2014, in carcere, Hernandez si rese protagonista dell’aggressione aggravata nei confronti di un altro detenuto che ha riportato gravi danni fisici.
Dopo esser stato rinchiuso in cella per molti mesi per il delitto del giovane Odino Lloyd, compiuto a pochi passi dalla sua lussuosa casa, venne incriminato anche per quei colpi di pistola che hanno spezzato altre due vite.
De Abreu e Furtado erano fermi davanti a un semaforo rosso quando dice l'accusa sopraggiunse Hernandez, sulla sua grossa auto, un Suv.
Non ci fu scampo per i due.
La calibro 38 del giocatore li centrò in pieno.
Un assassinio premeditato, se è vero che Aaron li aveva seguiti dopo che le vittime avevano lasciato un night club.
La difesa ha cercato di instillare nei giurati il dubbio (ci vuole unanimità di giudizio di tutti e 12 i giudici) che Hernandez fosse stato solo testimone degli avvenimenti e che i veri colpevoli fossero i suoi due amici.
Anche se per la legge del Massachusetts non è necessario provare chi preme il grilletto in circostanze simili. La giuria non ha creduto a questa versione e lo ha condannato con il massimo della pena.
L’arma del delitto è stata recuperata dalle forze dell’ordine presso l’abitazione di un uomo che ha legami con Hernandez ed il Suv collegato alla scena del delitto è stato rinvenuto nell’abitazione di alcuni parenti del giocatore.
Gli uomini assassinati non sembrano avere alcun legame con gang o organizzazioni criminali del luogo e questo rende l’omicidio ancora più crudele.

Per usare le parole di Conley:
“Questo caso riguarda due vittime pedinate, assalite e uccise senza alcun senso”

Gli inquirenti si sono messi a questo punto a scavare nel passato ed è emerso un ulteriore episodio risalente al 2007 quando Hernandez era una star della squadra dell’università della Florida.
L’allora studente era stato interrogato per una sparatoria con due feriti.
Ai tempi era già noto come una testa calda per essere stato fermato dalla polizia dopo una rissa in un locale in cui si era rifiutato di pagare il conto.
Il 15 aprile 2015 viene condannato all'ergastolo per omicidio di primo grado dalla Bristol County Superior Court in Massachussets.


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