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giovedì 5 novembre 2015

I Capi Ultras Delle Squadre Italiane

Il calcio italiano è malato da tempo, con capi ultras che fanno il buono e il cattivo tempo dentro e fuori lo stadio: personaggi che non hanno praticamente nulla in comune con il tifoso vero, che fanno della ‘curva’ il loro impero, che hanno legami con la malavita e che spesso hanno una fedina penale che dire sporca è poco. Vicinanza alle cosche, appartenenza a gruppi estremisti, reati e una serie di Daspo che poco o nulla hanno scalfito il loro potere.
Gennaro De Tommaso, detto "A Carogna", non è un tifoso del Napoli come gli altri.
Non solo per quel nomignolo che da solo vale più di qualsiasi biografia.
Ma per la sua famiglia, la cui storia di criminalità di strada si intreccia con due clan di camorra: i Misso del Rione Sanità e i Giugliano di Forcella.
C'è lo zio, Giuseppe de Tommaso, detto "l'assassino".
E c'è il padre di Gennaro, Ciro, detto "Ciccione a Carogna", condannato per associazione camorristica e per fatti di droga, per i quali si è beccato in primo grado 24 anni.
"È stabile fornitore di stupefacenti dei Giugliano", si legge nella sentenza.
Genny cresce in quell'ambiente lì.
Ha un bar nel cuore di Forcella ed ha scalato i Mastiffs, diventandone il capo.
Si guadagna due Daspo, uno nel 2001, un altro nel 2011, poi revocato.
Nel suo passato accuse di rapina e spaccio, ma sulla fedina nessun precedente che lo leghi direttamente alla camorra. "È lui il capo di tutta la curva del Napoli", indicò nel 2008 il pentito Emilio Zapata Misso, disegnando ai magistrati la geografia ultras del San Paolo, con i nomi degli infiltrati mafiosi in curva.
E' lui per intenderci che ha mediato con dirigenti e forze dell'ordine (prima dell'inizio della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina) con la curva partenopea, inizialmente contraria a giocare, che ha dato il suo assenso ma con l'impegno di rimanere in silenzio.
Ex capo ultras del BariAlberto Savarese, per alcuni mesi rimasto in carcere con le pesanti accuse di associazione mafiosa, detenzione illegale di un fucile a pompa e persino di avere partecipato a una sparatoria avvenuta al quartiere Poggiofranco di Bari, nei pressi di una enoteca, nel lontano dicembre 1999.  
Il capo ultras Savarese, era molto conosciuto in città proprio in ragione del suo ruolo di leader al San Nicola.
Ultras dal 1976 e primo barese a ricevere il Daspo.
Finito in manette insieme ad altre 60 persone nell’ottobre 2001 nell’ambito dell’operazione «Singer». 
I clan Diomede e Mercante, allora tra i più agguerriti in città, avevano preso il controllo di tutte le attività commerciali collegate a partite e concerti nei due stadi baresi. 
Savarese venne tirato in ballo da alcuni pentiti che gli attribuivano connivenze mafiose, un tentativo di omicidio, possesso di armi. 
Tutto ruotava attorno ai parcheggi che gli Ultras avevano avuto in gestione dall’As Bari.
Arrestato nel 2011, insieme a Sblendorio e Loiacono, per Calcioscommesse (minacce, intimidazioni e violenze).
Daniele De Santis, detto Gastone, è l’uomo che ha sparato contro i tifosi del Napoli prima della finale di Coppa Italia: romanista, capo della curva all’Olimpico, era già noto alle forze dell’Ordine per aver bloccato il derby di Roma nel 2004, ma alle spalle ha un arresto (con assoluzione) per gli scontri durante Brescia-Roma del 1994 quando il vice questore della Polizia Giovanni Selmin e 16 agenti vennero feriti gravemente a colpi d’ascia.
C’è poi anche l’arresto del 1996 perché, con altri tifosi ed esponenti dell’estrema destra romana, ricattarono l’allora presidente giallorosso Franco Sensi.
Oggi il suo posto è stato preso da Nicola Follo.
Dalla parte opposta, in casa Lazio, c’è Fabrizio Piscitelli della Curva Nord: capo ultras degli Irriducibili, è stato arrestato nel 2013 per traffico di stupefacenti ed ora è in carcere. 
Piscitelli era legato a Michele Senese detto "o pazzo", boss della Camorra che dalla Campania ha esteso il suo dominio nella Capitale.
Nel 2015 è condannato ad altri 4 anni di carcere per traffico di stupefacenti.
Catania il capo ultras è Michele Spampinato: è alla guida della curva nonostante il Daspo e nonostante nel 2008 sia stato accoltellato durante gli scontri prima del match con la Roma.
Il derby col Trapani ad Aprile dell'anno scorso è coinciso col il suo ritorno allo stadio. 
Scontata la diffida, la guida del movimento "A sostegno di una fede" che dagli anni 2000 ha unito parecchi gruppi ultras dietro l’omonimo striscione, ha ripreso in mano il megafono. 
Sei sono stati gli anni d’assenza, dovuti al Daspo comminato riguardo ai fatti di Atalanta-Catania del 2009.
Spostandoci al Nord, Claudio "Bocia" Galimberti è il leader storico della curva dell’Atalanta e ha collezionato una lunga serie di Daspo, ma rimane l’indiscusso leader della tifoseria organizzata.
Dall’ottobre del 2009 fino allo stesso mese del 2014 aveva già scontato un Daspo di cinque anni per la rissa prima di Atalanta-Catania, il 22 settembre del 2009. 
E alla scadenza del divieto non ha comunque potuto acquistare abbonamenti o biglietti per le partite essendo anche sottoposto all’articolo 9 della legge Amato del 2007: nessun tagliando per chi ha riportato condanne, anche solo in primo grado, per reati legati alla tifoseria.
Il 12 aprile 2015 durante Atalanta-Sassuolo, il Bocia aveva raggiunto la zona di prefiltraggio dello stadio di Bergamo portandosi dietro una testa di porchetta, fino ad arrivare a ridosso dei tornelli. 
Una goliardata su cui ridere o un simbolo macabro destinato proprio ai poliziotti?
Gli viene notificato il nono Daspo della sua carriera.
C'è anche chi dalla curva è scappato e oggi fa il latitante in Costa Rica. 
Come Andrea Fantacci, ras storico delle disciolte Brigate Gialloblù dell'Hellas Verona
Oggi la curva veronese si autogestisce, tifo spontaneo "all'inglese": basta gruppi e basta capi. 
Troppo riconoscibili. 
Troppe grane con la giustizia, quando i magistrati mettono sotto torchio le tifoserie turbolente.
Diego Piccinelli, capo del gruppo ultras Brescia 1911, denunciato per l’aggressione a un tifoso del Verona, ha il foglio di via e non può mettere piede in città: il 2 febbraio 2014 aggredì il tifoso, colpevole di aver indossato la felpa del Verona.
A capo dei Viking della Juventus, c’è Loris Grancini: considerato uomo vicino a Cosa Nostra e alla cosca calabrese dei Rappocciolo, amante del poker è noto da tempo alle forze dell’Ordine(per traffico di stupefacenti, beccato con 10 kg di droga in casa nel 2006).
Genoa il capo ultras è Fabrizio Fileni, detto Tombolone: è balzato agli onori della cronaca per aver fatto togliere le maglie ai giocatori rossoblu dopo la sconfitta con il Siena.
Franco Caravita, fondatore dei Boys e a capo della curva dell’Inter, ha una fedina penale con diversi reati da stadio e negli ultimi tempi è stato al centro di indagini per infiltrazioni della malavita nelle curve milanesi, insieme a Giancarlo Lombardi, detto "Sandokan", capo della curva Sud del Milan.
È il capo dei Guerrieri Ultras, il nuovo gruppo della Curva Sud del Milan, quelli che hanno spazzato via con la violenza, in meno di tre anni, i gruppi storici: la Fossa dei Leoni, i Commandos Tigre, le Brigate rossonere.
Sandokan ha alle spalle precedenti per rapina, lesioni, tentato omicidio e tentata estorsione a carico della stessa società rossonera.


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