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venerdì 23 ottobre 2015

Quando Eric Sykes Rubò La Coppa Dei Campioni All'Aston Villa (1982)

Era una sera di maggio del 1982, gli spalti dello stadio del Feyenoord (Rotterdam), quando le squadre scesero in campo fra un incendio di bandiere, erano equamente divisi nel tifo.
Da una parte i claret & blue dell'Aston Villa, dal lato opposto i tifosi del Bayern Monaco.
In mezzo, a far da barriera, il pubblico olandese: un quadro che nel suo insieme ben si adattò a quella finale di Coppa Campioni.
C'èra ancora la luce del sole quando AstonVilla e Bayern dettero inizio alla loro battaglia.
Partirono forte i tedeschi con il loro gioco corale manovrando palla, rispose l'AstonVilla facendosi pericoloso con un colpo di testa di Evans terminato oltre la traversa.
Gli inglesi bellissimi nella loro maglia bianca da trasferta, apparivano più rapidi davanti, i tedeschi non si scoprirono troppo ma dopo sette minuti subirono una manovra offensiva dei Villans che andarono vicini al goal con un inzuccata alta di White susseguente a un calcio di punizione.
Tre minuti dopo Jimmy Rimmer, è costretto ad uscire per quello che sembrò un inspiegabile infortunio: si fece male da solo, senza mai essere stato impegnato.
Il destino aveva scoperto le sue carte è tra i pali va Nigel Spink ventiquattrenne di Chelmsford.
Peter White, il centravanti dell'Aston Villa che disse che finora aveva visto il Bayern una sola volta in tv, fu impiegato da Barton come la torre centrale dell'attacco della squadra.
Manovrò bene, distribuì palloni ai compagni, e al 20' fu anche autore di un ottimo spunto personale, finta e dribbling dal limite, con tiro conclusivo che finisce a lato.
Il Bayern apparve impacciato e privo di idee.
Il lavoro per il giovane Spink incomincia a farsi serio sulle conclusioni di Duernberger e di Karl Heinz Rummenigge.
L'AstonVilla sembrò sorpreso dall'improvvisa fiammata tedesca e accusò il colpo.
Nessun cambio nella rlpresa.
Solo al 52' uscì Mathy sostituito da Guettler.
Al 64' Hoeness superò Spink con una pallonetto sporco: il portiere incredibilmente però riesce in qualche modo ad abbrancare la palla.
Il Bayern ci crede da l'impressione di poter passare in vantaggio da un momento all'altro.
Ma l'AstonVilla improvvisamente graffia, come il leone che porta sul petto.
Un gol, dunque, giunto con uno di quei colpi di scena che rendono il calcio grande e imprevedibile.
Infatti al 68' il biondo Morley, in azione di rimessa, saltò due avversari sulla sinistra in velocità, e mise al centro dove Withe, tutto solo a due passi dal portiere, potè toccare in rete il pallone della vittoria, tra l'entusiasmo indescrivibile del settore occupato dai tifosi inglesi.
La reazione del Bayern risultò affannosa, disperata ed inutile.
Tentò il solito Rummenlgge a dieci dal termine una volata solitaria interrotta dall'uscita del miracoloso Spink.
Niente da fare, finalmente è finita: la Coppa dei Campioni consegnata dal presidente Uefa Artemio Franchi al capitano Dennis Mortimer, finisce per la sesta volta  in Inghilterra.
Oggi sulla balaustra della North Stand del Villa Park c'è uno striscione che corre da un'estremità all'altra della tribuna e riporta più o meno queste parole: “Shaw e Williams si sono preparati ad avventurarsi sulla sinistra, c'è una buona palla al centro per Tony Morley, oh, ecco una grande opportunità! Ed è Peter Withe a sfruttarla al meglio!”
Le vicende calcistiche finiscono qui, non certo quelle extra-calcistiche e qui, a seconda dei punti di vista, viene il bello.


SI FESTEGGIA, SINO A CHE...QUALCUNO RUBA LA COPPA!
Come detto l’Aston Villa si era appena laureato campione d’Europa a Rotterdam, battendo in finale il Bayern con un gol di Peter White.
Dopo la conquista del trofeo i giocatori decisero di andare a festeggiare in un pub con i tifosi.
Scelsero il Fox Inn di Hopwas, tipico pub locale che odora di legno e birra in un villaggio a due passi da Tamworth (periferia di Birmingham).
I campioni d’Europa si trovarono a festeggiare insieme ai tifosi ed alla Coppa che s’erano portati dietro dall’Olanda..
La serata è molto British, l’alcool scorre a fiumi: si beve, si canta, si danza, si fa casino.
La Coppa rimane lì bella, maestosa...tutti la cercano, tutti la vogliono, la toccano, la baciano, la fotografano.
Al centro dell’attenzione, sino a quando che è talmente alla portata di tutti che con il passare del tempo viene dimenticata, lì sola soletta.
Sino a che...
Ricorda Colin Gibson, all’epoca giovane terzino sinistro dei Villans “Ad un certo punto qualcuno ci dice: la Coppa non c’è più, l’hanno rubata, pensavamo ad uno scherzo e poi eravamo troppo concentrati sulle freccette.”
E invece la Coppa non c’era davvero più...l’aveva rubata Eric Sykes che voleva fare dispetto a quei casinisti che gli avevano invaso il pub in una tranquilla nottata di campagna nello Staffordshire.
Eric si mette in macchina col prezioso trofeo e si infila sulla M42, l’autostrada che passa lì vicino e che ti porta dalla campagna delle West Midlands alla cintura urbana che da Liverpool a Hull taglia in due l’isola.. Eric pigia sull’accelleratore e dopo neanche un’ora, infilatosi sul fiume d’asfalto della M1, si trova già a Sheffield allora respira, rallenta, si volta (a sinistra) e sul sedile del passeggero vede la Coppa e a quel punto si chiede “ma che cazzo ho fatto?”.


IL RACCONTO DI ERIC SYKES
Devo rallentare, sto correndo troppo e credo di non aver rispettato nessun limite di velocità. In fondo non sono nemmeno ubriaco, stasera non ho bevuto niente.
Niente di niente, nemmeno un bitter.
Eppure ho la testa che mi scoppia, non so se ridere o piangere, sembro un clown chiuso nel suo camerino dopo lo spettacolo, e in tutta sincerità non so come andrà a finire questa stupida notte. Mentre scorro sotto le luci giallognole della M42, il riflesso metallico mi distrae, e poso per l’ennesima volta lo sguardo su quel gingillo, che ho scaraventato come fosse un sacco di spazzatura, sul sedile posteriore della mia Datsun Cherry blu cobalto.
La cartellonistica mi indica che ho infilato la M1 e sto andando verso Sheffield.
Oltre l’autostrada la campagna delle West Midlands è buia da far paura, solo qualche bagliore in lontananza, probabilmente lampioni che delimitano recinzioni di fabbriche di periferia.
Man mano che il tempo passa mi rendo conto di aver commesso una bella stronzata, ma d’altro canto ne avevo ben donde, quei disgraziati mi stavano mettendo sotto sopra il locale, il mio locale, e mi è balenata in testa un’idea su come fargliela pagare.
Solo che adesso sento la rabbia scomparire, forse è il momento di porre fine a questa inutile sceneggiata, devo fermarmi, rimettere a posto i pensieri, provare a spiegare l’accaduto, e tornarmene a casa.
Mi basta trovare un ufficio di polizia, e cercare di esporre nella maniera più esauriente possibile, quello che è successo all’incirca un’ora fa.
Se saranno comprensivi, non sarà certo la fine del mondo, o almeno spero.
Scalo un paio di marce e il motore grugnisce che è una meraviglia.
Imbocco la prima uscita utile, mi passo una mano sui capelli per non assomigliare a un fuggitivo di chissà quale carcere di estrema sicurezza, e con il labbro inferiore mi inumidisco i baffi.
Leggo d’inerzia la segnaletica, mi pare che il posto si chiami West Bar, dove francamente non sono mai stato in vita mia, ma dove, per fortuna, c’è quello che speravo: una piccola stazione di polizia ricavata nell’angolo di un vecchio edificio georgiano in mattoni d’arenaria rossi.
Parcheggio la macchina accanto a quella delle forze dell’ordine, e mi volto un ultimo istante verso il retro, scuotendo sensibilmente la testa.
Una frase in ordine ben preciso mi solca la mente, sembra che il mio vocabolario dialettico si sia ristretto a questa singola espressione:

-Che cazzo ho fatto?

Meno male che l’aria tersa della notte mi riempie i polmoni, asciugandomi un pò di confusione.
Ormai è primavera inoltrata nonostante tiri la solita brezza allegra di queste parti.
C’è una coppia che sta uscendo dal commissariato, lei indossa una minigonna inguinale, un giacchetto di pelle nemmeno buono per un rigattiere di seconda mano, e si regge in piedi approssimativamente su di un paio di scarpe rosse dal tacco imbarazzante.
Lui ha la faccia seminascosta da una fluente barba brizzolata, una camicia a motivi floreali, un paio di jeans attillati, e delle converse scolorite.
Il poliziotto in cima alla breve scalinata, li guarda andarsene, tenendosi le mani sui fianchi. Appare stanco e decisamente nervoso.
Non appena i due scendono sul marciapiede e incominciano ad allontanarsi, li ammonisce in tono seccato:

-Andate a casa forza, e non fatevi beccare più, altrimenti prima o poi passate qualche giorno nelle patrie galere per la gioia della signorina Thatcher che ne ha le palle piene di avanguardisti, hooligans, punk e drogati come voi.

Sposta lo sguardo su di me.
Ho un piede sul primo gradino di cemento della scala d’ingresso e la mano sinistra stretta alla sbarra della ringhiera.
Cerco l’espressione più calma e serena di questo mondo, tuttavia si capisce lontano un miglio che non sono credibile.
Guardo l’orologio come a darmi un’inflessione di serietà, i cristalli liquidi del mio Seiko al quarzo indicano che è mezzanotte passata da qualche minuto.
L’ora dei pazzi, andiamo male Eric mio.
Il poliziotto, un giovane dai capelli biondicci senza berretto d’ordinanza, e con una frangetta più bizzarra che ingraziante, dopo un attimo di esitazione, in maniera piuttosto stizzita mi dice:

-E lei?

E io? Penso tra me e me.., io dovrei soltanto farvi presente una cosa, 10 minuti e me ne vado.

-Guardi, si auguri che sia una cosa seria e non una cavolata perché ultimamente di dissennati c’è ne sono anche troppi in giro.
Si figuri, un oretta fa ci hanno chiamato dalla centrale di Birmingham perché dicono che un pazzo abbia rubato la Coppa dei Campioni vinta dall’Aston Villa...avanti, salga su e si accomodi, arriviamo tra un istante.

Sto per aggiungere qualcosa ma poi all’ultimo momento ritraggo le parole. Meglio così, meglio parlare all’interno, in maniera concisa e tranquilla, magari mi offriranno pure qualcosa da bere..
Diamine, in un qualche giornale lessi che per certi collaboratori di giustizia c’era un trattamento di favore.

La stazione di Polizia di West Bar, assomiglia a una sorta di ambulatorio medico, con uno sportello in vetro antiproiettile fissato lungo un bancone che copre i sei o sette metri di larghezza della stanza, più un minuscolo atrio d’aspetto, con delle scomodissime seggioline di legno fissate alla parete, utili a rannicchiarsi e aspettare il proprio turno magari in manette.
Nel mio caso, almeno per ora, me ne stavo senza catene ai polsi.
Attesi i cinque minuti accademici.
Nel frattempo il poliziotto che mi aveva fatto entrare, si era defilato scomparendo dentro una porta di servizio.
Al di là dello sportello, immancabile, la classica donna da centralino, una stanca signora dai capelli rossicci.
Alzò pigramente gli occhi per scrutarmi, smuovendo impercettibilmente un angolo della bocca, come a confermare la sua tesi precotta della presenza di un nuovo tossicomane o alticcio scocciatore notturno.
Insomma, evidentemente non presentavo la faccia del serial killer, nemmeno quella del terrorista islamico, o del fanatico dell’IRA.
Con malcelato disprezzo mi dice di darle un documento e di spiegarle il motivo per cui alle 00.24 minuti del 31 maggio 1982, fossi voluto entrare alla caserma della polizia di West Bar poco distante dal centro di Sheffield:

–Prego signor, dica pure...

Rintraccio una parvenza di contegno, ma capisco che alla luce dell’accaduto, il mio sforzo di chiarire il caso in maniera ragionevole sia insostenibile.

-Ecco, ho rubato io la Coppa dei Campioni ai giocatori dell’Aston Villa, c’è l’ho con me, l’ho messa sul sedile posteriore della mia auto posteggiata qui fuori!!!

La donna respira profondamente.
Emette un colpo di tosse di circostanza, schiocca le labbra, preme un numero sulla tastiera del telefono nero posto accanto a lei, e un paio di secondi dopo ecco aprirsi la porta alle sue spalle ed entrare un paio di agenti.
Quello di grado verosimilmente più alto, un tipo normolineo dal baffetto curato, prende la parola:

-Qual è il problema agente Davies?

-Questo tizio dice di avere la Coppa dei Campioni, o come diavolo si chiama quella cosa sportiva, dentro la sua macchina, qua al parcheggio.

Il poliziotto mi osserva da capo a piedi in un misto fra curiosità e pena, dopodiché enuncia ciò che temevo.

-Mi ascolti bene, sono il sergente Mick Greenough e in vent’anni di servizio ne ho sentite parecchie di stronzate.
Un giorno è venuto un tizio alle tre di notte dicendo di aver rapito la Regina Elisabetta, e un’altra volta un tale convinto di essere Gesù Cristo.
Ci mancava giusto il ladro pentito delle coppe calcistiche.
Sia cortese, mi dica la verità, mi sta prendendo per il culo vero? Guardi che mi girano le scatole a fare il turno di notte e la sbatto dentro se scopro che si è fatto di qualche acido.
Facciamo così, non ci siamo visti e vada a dormire, dalla patente vedo che abita nei dintorni di Birmingham, certo ne ha fatta un bel po’ di strada per venire fin qui a dirci questa stupidaggine, eh?

-No, no, è tutto vero, controlli pure, ecco queste sono le chiavi.

-Ok, ok, … Wells proceda ad aprire quella fottuta macchina, e diamo soddisfazione al signor Sykes.
Vada a prendere la Coppa..

Resto a testa china mentre osservo le facce ironiche del gruppo di poliziotti a cui nel frattempo si è aggiunto il biondino che mi aveva accolto all’entrata.
Quando l’agente Wells rientra però l’atmosfera cambia repentinamente.
I volti si fanno improvvisamente seri e tesi.
La Coppa dei Campioni d’Europa con ancora i nastrini colorati di claret&blue legati ai lunghi manici, adesso è sul bancone di un anonimo ufficio di polizia bella luccicante.
Percepisco il momento confuso scivolante nel catartico, e chiedo gentilmente di poter fumare una sigaretta.

-No, qui non si fuma... E comunque adesso prima che mezza Scotland Yard, giornalisti, addetti dell’Aston Villa, tifosi, e curiosi vari arrivino in massa in questo merdoso angolo d’Inghilterra, mi spieghi cosa ha combinato, visto che tutti, servizi segreti compresi, sono alla ricerca di questa cosa.

-Mi chiamo Eric Sykes ma questo lo sapete già. Sono il titolare del Fox Inn di Hopwas.
I giocatori dell’Aston Villa avevano scelto senza nessuna prenotazione preventiva il mio locale per festeggiare.
Me lì sono ritrovati dentro a sorpresa i campioni d’Europa, belli carichi, pieni di donne e gentaglia al seguito. Il pub fu colmo in ogni ordine di posto, e la Coppa vinta nella finale di Rotterdam era lì, maestosa, adagiata su uno sgabello accostato al banco di mescita.
Tutti la volevano toccare, baciare, fotografare.
Era talmente al centro dell’attenzione che ad un certo punto rimase “così sola” che nessuno sembrò più accorgersi di lei, talmente tutti erano sbronzi e brilli.

-E perché mai l’ha portata via Sykes? Mi scusi, ma non capisco, stava facendo un sacco di soldi o sbaglio?

-Si, lei ha ragione, ma vede il fatto è che hanno incominciato a spaccarmi il pub, a far troppo casino, e io ci tengo al mio posto di lavoro, i soldi me lì sudo davvero, mica come quei calcia palloni a tradimento, e allora mi è salito il sangue alla testa, ho agito.
Ho preso quel dannato trofeo e sono scappato via, per dispetto, per spregio, per ripicca, insomma gliela volevo far pagare.

A questo punto la faccenda si fa grottesca, mi invitano sul retro a bere un tè.
Si capisce che non hanno nessuna voglia di arrestarmi né tantomeno di avvertire Birmingham del ritrovamento.
O quantomeno ad avvisarli ci provano ma di là non ci stanno ad ascoltare, erano troppo impegnati per un'emergenza di carattere nazionale: avevano appunto rubato la coppa dei campioni.
Ok allora a che fare?

L’idea arriva dall’agente Tim Wells:

- Chiamiamo due ragazzi e organizziamo un match 4 contro 4 in garage.

In palio la Coppa Campioni d’Europa, non capita mica tutti i giorni di poterla sollevare dopo una partitella tra amici.
In breve vedo entrare trafelati altri loro colleghi, ci trasferiamo tutti nel garage della caserma e giochiamo la partita di calcio più assurda della storia.
Nessuno parlò mai di quello che avvenne prima che le autorità venissero a riprendere la Coppa.
Nessuno seppe di quella mezzoretta di calcio nell’umidissima autorimessa della polizia di West Bar, con in palio il trofeo di club più ambito del continente.
E io, Eric Sykes, all’alba me ne tornai con tutta calma al mio pub, ormai vuoto e chiaramente in subbuglio.
La versione ufficiale fu soltanto quella che l’oggetto era stato ritrovato e riconsegnato.
Anni dopo l’edificio dove si trovava quella stazione fu messo in vendita, e da polverosi scatoloni sono riemerse le foto degli otto fortunati, me compreso, che in una notte di maggio del 1982, si giocarono in amicizia la Coppa dei Campioni.

-Non lo rifaccia, Sykes, mi raccomando.

-Ah no, certo che no dissi e poi, quando pensate che quelli possano rivincere un’altra volta la Coppa dei Campioni?

Avevo ragione".


Racconto preso da Ho Rubato La Coppa



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