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martedì 5 agosto 2014

La Storia Di Lou Gehrig e La Sua Morte (MLB)

Lou Gehrig nacque a New York nel 1903 e disputò in totale 2.130 partite consecutive con una media battuta di .340 e 493 fuoricampo.
Gehrig si ammalò di una malattia neurologica chiamata Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta oggi anche come Morbo Di Gehrig.
Morì il 2 giugno 1941 a New York a soli 38 anni.


STORIA
Nel 1903, nasceva a New York uno dei più geniali giocatore di baseball nel ruolo di prima base.
Lou Gehrig, soprannominato "The Iron Horse", militò per tutta la sua carriera nei New York Yankees dal 1923 al 1939. Era mancino con aveva una media battuta di .340, realizzò 493 fuoricampo e vestì la maglia con l'indimenticabile numero 4.
Lou non aveva mai fatto un'assenza, mai un infortunio, una malattia e nessuna squalifica, stabilendo così il record di 2.130 partite consecutive con gli Yankees, superato poi nel 1995 da Cal Ripken Jr., arrivato a 2.632 gare con i Baltimore Orioles.
Vinse la Tripla Corona dei battitori dell'American League nel 1934 e nel 1939, venne poi eletto membro della Hall Of Fame.
Gehrig è uno dei più rispettati e stimati giocatori della Major League, nonchè una leggenda per gli Yankees e forse il più grande giocatori di tutti i tempi.
L'ultimo saluto ai tifosi e compagni di squadra, fu travolgente e ricco di emozioni per tutti, increduli che qualcuno potesse prendere il suo posto, ma la decisione di abbandonare il gioco fu per certi versi forzata dalle sue condizioni di salute che nelle ultime partite lo avevano reso visibilmente debole.
Gehrig dedicò la sua vita al baseball con qualità, talento, devozione e all'amore per la città di New York e agli Yankees stessi, risultando un giocatore che ha sempre saputo comunicare e emozionare con il suo gioco, da rendersi perfetto agli occhi di tutti.
Elegante nei movimenti, preciso, duro, tagliente, veloce, forte da qui il suo soprannome "The Iron Horse".
Negli anni ‘30 divise la scena dei fuoriclasse con Babe Ruth, altra talentuosa stella molto diverso da lui, più irrequieto, litigioso, estroverso e forse per questo motivo Gehrig era preferito da molti, che amavano i suoi modi educati, gentili e riservati.
Come detto morì il 2 giugno 1941 a New York, a soli 38 anni.


DISCORSO D'ADDIO
“Amici, nelle due ultime settimane sarete sicuramente venuti a conoscenza del difficile momento che sto attraversando, ma voglio dirvi che oggi mi sento l’uomo più fortunato della terra.
Sono stato presente sul campo da baseball per diciassette anni e ho sempre ricevuto affetto e incoraggiamenti da voi che siete i miei fan.
Guardate questi grandi uomini. Chi di voi non vorrebbe essere al punto culminante della propria carriera solo per paragonarsi a loro almeno un giorno nella vita? Certo che sono fortunato.
Chi non considererebbe un onore il fatto di aver conosciuto Jacob Ruppert? E anche Ed Barrow, la persona più importante nel baseball? O il fatto di aver trascorso sei indimenticabili anni con Miller Huggins, il mio grande amico?
Oppure di aver trascorso i successivi nove anni con quel fantastico leader, brillante studente di psicologia e miglior manager che il baseball abbia mai avuto, Joe McCarthy? Certo che sono fortunato.
Quando la squadra dei New York Giants, una squadra che per batterla daresti anche il tuo braccio destro, e viceversa, ti fa un regalo, questo è fantastico.
Quando tutti fino agli addetti del campo o quei giovani vestiti di bianco si ricordano di te perché hai vinto tanti premi, questo è fantastico.
Quando avete una suocera meravigliosa che si schiera a vostro favore nei battibecchi con sua figlia, questo è fantastico.
Quando vostro padre o vostra madre lavorano sodo per tutta la vita per darvi un’educazione o per far sì che voi possiate allenarvi in qualche sport, è una benedizione.
Quando al vostro fianco avete una moglie forte che vi sostiene e che dimostra molto più coraggio di quello che abbiate mai potuto immaginarvi, è la cosa più bella che si possa desiderare.
Quindi concludo dicendo che forse sto attraversando un brutto periodo, ma ho tantissimo per cui continuare a vivere”.


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